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Diabete: manca una corretta presa in carico sul territorio

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Diabete: manca una corretta presa in carico sul territorio
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In Italia i diabetici sono 5 milioni. C’è il rischio di esami inappropriati e di diagnosi e cure tardive.

Nel mondo si stimano 415 milioni di diabetici, che arriveranno a 522 milioni nel 2030. In Italia sono 5 milioni le persone che soffrono di diabete, di cui un milione sconosciute, pari all’8% della popolazione. Il 65% dei diabetici ha più di 65 anni, il 35% è in età lavorativa. E nella fascia di età compresa tra i 20 e i 49 anni a essere colpite sono più le donne, mentre tra i 50 e gli 80 anni la maggior parte dei malati è di sesso maschile. Se consideriamo la mancata presa in carico dei pazienti da parte delle strutture diabetologiche del Servizio sanitario nazionale, il rischio è di andare incontro a esami inappropriati, diagnosi e cure tardive.

“Oggi il paziente diabetico è ancora curato prevalentemente ‘a prestazione’, costretto a errare da un centro diabetologico all’altro e a scontrarsi con la cosiddetta burocrazia inutile – spiega Rocco Bulzomi, diabetologo, endocrinologo del Gruppo Sanitario Usi –. Essendo un paziente cronico, dovrebbe invece essere preso in carico sul territorio dove vive e gestito prevalentemente, in condizioni di stabilità metabolica, dal proprio medico di famiglia, in collaborazione con il centro diabetologico del proprio distretto Asl. Il destino del paziente varia invece in base al territorio: passa dal medico di medicina generale, al Cup, a strutture sempre diverse, mentre dovrebbe avere il diritto di scegliere il centro più comodo dove soddisfare tutti i propri bisogni, con una calendarizzazione di appuntamenti all’interno della stessa struttura”.

Quali sono allora i rischi di una mancata presa in carico corretta? “Innanzitutto la duplicazione inutile di esami e visite diabetologiche – spiega l’esperto –. Il diabetico ha bisogno di essere inquadrato, stabilizzato e poi, una volta raggiunto l’equilibrio metabolico, riaffidato al medico di medicina generale affinché verifichi il rispetto degli obiettivi indicati. Poi c’è il rischio di diagnosi e cure tardive: nei casi di pazienti a rischio per obesità, familiarità, sedentarietà, il medico di famiglia ha l’opportunità di cogliere i segnali premonitori di un diabete mellito e di inviarlo al centro diabetologico che dovrebbe prendere in carico il paziente dall’inizio, senza ritardi dovuti a esami inappropriati e liste d’attesa infinite”.

Conclude il diabetologo: “A far aumentare i casi di diabete concorrono l’alimentazione sbagliata, con i cibi più economici che sono quelli a maggiore rischio dismetabolico, lo stress che influenza negativamente il controllo metabolico del diabete e la sedentarietà. E i costi sono alti: quello annuo del diabetico è pari a 2.900 euro, contro i 1.300 del non diabetico; costo che risulta triplicato in caso di ricovero con degenza media maggiore rispetto ai non diabetici. Questo costo annuo è assorbito per il 50% dai ricoveri ospedalieri e solo l’1% riguarda le visite diabetologiche. Il 90% è rappresentato dal costo delle complicanze del diabete”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Dire

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