Uno studio ha dimostrato che un programma intensivo con dieta personalizzata ed esercizio fisico può portare notevoli benefici.
Gli adulti con prediabete o diabete di tipo 2 che hanno partecipato a un programma intensivo con dieta personalizzata ed esercizio fisico hanno migliorato le misure di sensibilità all’insulina nell’arco di tre mesi, e alcuni hanno raggiunto la remissione della malattia. Sono i risultati di uno studio presentati all’American Society for Preventive Cardiology Congress on CVD Prevention.
Il diabete di tipo 2 e il prediabete sono considerati malattie legate allo stile di vita, caratterizzate da alti tassi di morbilità, mortalità e spesa sanitaria, come affermato Josep Iglesies-Grau, ricercatore in Cardiologia preventiva al Montreal Heart Institute, durante una presentazione al congresso. «Diversi interventi sullo stile di vita – ha aggiunto – possono tenere sotto controllo e persino invertire alcune malattie cardiometaboliche. Purtroppo queste strategie sono di rado implementate in modo efficace come scelte di prima linea».
Per affrontare questo problema i ricercatori hanno avviato una clinica gratuita che ha proposto ai pazienti affetti da prediabete e diabete di tipo 2 di aderire a un programma multidisciplinare della durata di sei o dodici mesi per aiutarli ad apprendere e mettere in pratica abitudini sane in modo progressivo.
Durante il follow-up i pazienti hanno avuto l’opportunità di ricevere consulenze nutrizionali personalizzate in cui è stata loro proposta una dieta mediterranea a base vegetale, con quantità moderate di carboidrati e digiuno intermittente. Hanno anche ricevuto un piano personalizzato di esercizi fisici e di visite educative con infermieri, che hanno anche preso in considerazione i determinanti sociali della salute.
Lo studio prospettico e non randomizzato ha analizzato i dati di 265 adulti con prediabete (n=81) e diabete di tipo 2 (n=184), reclutati dal 2019 al 2020. L’età media dei partecipanti era di 68 anni: il 67% erano uomini, il 48% aveva una malattia coronarica e al 54% erano state prescritte terapie ipoglicemizzanti. I soggetti arruolati hanno completato sei visite di consulenza nutrizionale e tre visite di esercizio fisico personalizzate in sei mesi.
Hanno anche fornito campioni di sangue e dati antropometrici al basale e dopo tre, sei e dodici mesi. Le terapie ipoglicemizzanti non sono state modificate, a meno che non fosse necessario. La remissione parziale del diabete di tipo 2 è stata definita da livelli di emoglobina glicata (HbA1c) inferiori al 6,5% per almeno tre mesi, mentre la remissione completa di prediabete e diabete di tipo 2 è stata definita da livelli di HbA1c inferiori al 5,7% per almeno tre mesi.
Durante l’intervento sullo stile di vita sono migliorate tutte le misure di salute metabolica, tra cui la circonferenza della vita, il peso, l’indice di massa corporea (BMI), i livelli glicemici, l’insulina e l’HbA1c, in particolare nelle persone con diabete di tipo 2. I miglioramenti sono stati conseguiti in tre mesi e si sono mantenuti per il resto del programma, senza variazioni significative.
All’interno delle coorti il 41,3% dei partecipanti con diabete di tipo 2 ha raggiunto una remissione parziale e il 5,4% la remissione completa, mentre il 24% dei prediabetici ha ottenuto una remissione completa. In modelli aggiustati per età, sesso, trattamento, HbA1c e perdita di peso a tre mesi, i soggetti con livelli basali bassi di HbA1c (P=0,01) e quelli che avevano perso almeno 3,5 kg entro tre mesi (OR=4,1; P=0,005) avevano maggiori che il prediabete o il diabete andasse in remissione.
«È stato dimostrato che dare priorità ai cambiamenti dello stile di vita migliora le misure antropometriche e la sensibilità all’insulina, fino al punto di raggiungere la remissione del prediabete o del diabete di tipo 2 – ha spiegato Iglesies-Grau –. Sono necessarie ulteriori ricerche per stabilire quali sono gli interventi non farmacologici più efficaci negli adulti con profili metabolici e trattamenti variabili, quanto dovrebbero durare e in che modo la normalizzazione parziale o completa della glicemia influisce sui risultati a lungo termine».
Redazione Nurse Times
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