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Massimo Randolfi

”Di endometriosi se ne parla ancora troppo poco, ed è ancora poco conosciuta”.

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Endometriosi, un rebus diagnostico di enorme impatto clinico, sociale ed economico
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”Sono Michela, della provincia di Venezia, vi scrivo perché sono una donna di 35 anni affetta da endometriosi, che a causa della malattia e di un medico che mi ha rovinato la vita a 28 anni sono invalida al 75%, convivo con danni e conseguenze permanenti ad organi vitali e portatrice di neuromodulatore sacrale per vescica ed intestino neurologici e per il dolore pelvico cronico.


Nel mondo una donna su dieci ne soffre (circa 3 milioni in Italia, 14 milioni in Europa e 176 milioni nel mondo). La malattia è causata dalla crescita del tessuto anomalo al di fuori della cavità uterina.

Si tratta di una patologia molto dolorosa ed invalidante, che può colpire già dalla prima mestruazione. Non esiste una cura e per una diagnosi ci vogliono almeno dai 5 ai 9 anni, e quando la si scopre x tante potrebbe essere tardi.

È necessario rivolgersi in centri specializzati perché chi non è esperto, purtroppo, non identifica la malattia. Una diagnosi tempestiva è fondamentale affinché l’endometriosi non possa provocare danni importanti a carico di organi vitali.


L’ endometriosi si ripercuote pesantemente sulla vita della donna…infatti invalida il normale svolgimento delle attività quotidiane, i rapporti interpersonali e di coppia.


Dolore pelvico, dismenorrea, dolore ai rapporti sessuali, dolori lombari cronici , stitichezza alternata a diarrea, dolore ad evacuare, sciatalgia, frequenza di urinare o difficoltà ecc potrebbero essere tutti sintomi legati alla patologia endometriosica.

Di endometriosi se ne parla ancora troppo poco, ed è ancora poco conosciuta.

Grazie alle associazioni a gennaio 2017 l’endometriosi (3 e 4 stadio, quelli più gravi) sono stati inseriti nei Lea e hanno diritto all’ esenzione per alcuni esami: visita, ecografia transvaginale, ecografia transrettale, ecografia addome e clisma opaco.

Tutti ogni 6 mesi. È un buon inizio, un primo passo ma noi non ci fermiamo qui, stiamo continuando a lottare per far sì che tutti e 4 gli stadi rientrino nell’ esenzione perché tutte le donne affette hanno diritto di usufruirne..non è giusto che sia garantita solo a chi è grave e chi non lo è deve aspettare di peggiorare per poterla avere.

E non solo ma anche che vengano aggiunti più esami necessari e i farmaci.”

Michela

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