Al Monzino un nuovo percorso con la tecnica di denervazione renale per i pazienti che non riescono a controllare i valori della pressione con le cure farmacologiche oggi disponibili.
Il Centro Cardiologico Monzino ha recentemente avviato un percorso per il trattamento dei pazienti ipertesi refrattari alle terapie tradizionali con la tecnica di denervazione renale (RDN), basata su novità tecnologiche e procedurali.
Con il rilancio di questa terapia il Monzino offre una soluzione efficace, sicura e a lungo termine per pazienti che, nonostante l’assunzione di tre o più farmaci antipertensivi, non raggiungono valori della pressione ottimali. Il trattamento è inoltre un’alternativa importante nelle persone con limitate possibilità terapeutiche a causa di intolleranza a numerosi farmaci antipertensivi.
“Siamo convinti dell’efficacia e della sicurezza della denervazione renale e pensiamo vada a ragione considerata un’opzione terapeutica importante – dichiara il professor Piero Montorsi, direttore della Cardiologia interventistica –. Dopo un inizio promettente ottenuto in registri internazionali e primi studi clinici, la tecnica ha infatti subìto un ‘raffreddamento’, a causa di risultati neutri di un primo studio randomizzato”.
Prosegue Montorsi: “Tuttavia le evidenze cliniche successive hanno confermato l’efficacia e la sicurezza della tecnica, come confermato dalle ultime linee guida della società europea dell’ipertensione presentate al congresso Europeo di Ipertensione tenutosi a Milano in questo mese. Inoltre l’avanzamento tecnologico dei cateteri ablatori ha reso più facile l’utilizzo e maggiore e più precisa la tecnica ablativa”.
L’obiettivo della tecnica di denervazione renale è quello di modulare l’influenza del sistema nervoso simpatico sui valori di pressione arteriosa a livello delle arterie renali. Infatti, la disregolazione dei centri nervosi di controllo della pressione arteriosa. che si instaura nel soggetto refrattario alle cure, è alla base dell’efficacia della RDN.
La denervazione renale consiste quindi nel disattivare selettivamente l’innervazione sul tratto prossimale e distale delle arterie renali, determinando una duratura riduzione della pressione sanguigna. La riduzione della pressione si manifesta clinicamente a distanza di un intervallo che può variare da tre a sei mesi. In base all’efficacia della tecnica, anche la terapia farmacologica può essere rivalutata. La procedura si effettua in sala angiografica con approccio per via femorale.
“Occorre ricordare che l’ipertensione arteriosa è il principale fattore di rischio per le patologie cardiovascolari e rappresenta la prima causa di morbidità e mortalità al mondo – aggiunge il professor Piergiuseppe Agostoni, direttore di Scompenso cardiaco e cardiologia clinica –. In particolare, il mantenimento di un livello di pressione ottimale è fondamentale nei pazienti con scompenso cardiaco, la cui bassa funzione cardiaca è strettamente influenzata da un regime pressorio non ancora ideale. Quindi la denervazione renale rappresenta oggi una strategia terapeutica che deve far parte di un moderno programma di trattamento dei pazienti con ipertensione arteriosa di difficile controllo”.
Redazione Nurse Times
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