I due professionisti erano indagati per la morte della 67enne Rosanna Forcolin. Secondo i famigliari della donna, l’ambulanza era arrivata in ritardo.
Non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. Così ha deciso il gup di Venezia, Massimo Vicinanza, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore in merito all’accusa di omicidio colposo per il medico coordinatore della sala operativa del Servizio Emergenza Urgenza e per l’infermiere che aveva risposto alla richiesta di soccorso riguardante la 67enne Rosanna Forcolin, morta il 27 dicembre 2013. I famigliari della donna, all’epoca, avevano presentato un esposto in Procura, sostenendo che l’ambulanza inviata dalla centrale operativa del Suem 118 di Mestre all’abitazione di Chirignago fosse arrivata in ritardo.
Tre volte, in precedenza, era stata chiesta l’archiviazione per i due indagati, ma il gup Alberto Scaramuzza aveva infine disposto l’imputazione coatta, obbligando la pm Carlotta Franceschetti, che aveva ereditato il fascicolo dalla collega Paola Mossa, a formulare il capo d’imputazione. Giovedì scorso, in sede di udienza preliminare davanti a un giudice diverso, è stato sentito il medico legale Cristina Mazzarolo, che aveva effettuato l’autopsia. Secondo quest’ultima, Forcolin presentava già molti problemi di salute e il suo decesso fu determinato da un arresto cardiorespiratorio da ischemia encefalica.
A chiamare il 118 era stato il figlio della donna, peraltro non presente sul posto. L’operatore del Suem aveva attribuito al caso un codice verde e il tempo impiegato dall’ambulanza per giungere a Chirignago fu adeguato a questo codice. Anche se l’infermiere avesse optato per il codice rosso, però, nulla sarebbe cambiato perché la situazione risultava ormai compromessa. Il medico legale ha infatti chiarito l’inesistenza di un nesso causale tra la tempistica relativa all’invio dell’ambulanza e la morte, ritenuta inevitabile.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Nuova di Venezia e Mestre
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