L’argomento è stato trattato in uno studio italiano pubblicato sul Journal of Affective Disorders.
Dopo 14 mesi dal picco della pandemia da Covid-19 (marzo-aprile 2020), i livelli di stress nella popolazione italiana sono diminuiti. Tra aprile e maggio 2021 un monitoraggio dei problemi di salute mentale come ansia, depressione e stress ha evidenziato un impatto a lungo termine inferiore a quanto preventivato, indicando un buon livello di resilienza.
Nello studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders un team di ricercatori italiani ha analizzato l’andamento temporale dei problemi di salute legati alla pandemia da Covid-19. Oltre al numero senza precedenti di decessi e all’immenso onere sanitario scatenato dalla pandemia stessa, un altro grave impatto del SARS-CoV-2 è legato alla salute mentale. La paura della malattia e l’ansia di contrarre il virus hanno causato molto disagio psicologico, ma anche le misure come il distanziamento sociale, i lockdown e la crisi economica hanno avuto un impatto sulla salute mentale delle persone.
Gli autori dello studio hanno condotto un’analisi di coorte longitudinale per esaminare l’andamento temporale di ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico (PTSD) nell’arco di 14 mesi nella popolazione maggiorenne italiana dopo il periodo di marzo e aprile 2020, quando si è verificato il primo lockdown. Questo studio faceva parte di un programma per monitorare a lungo termine gli esiti di salute mentale tra gli operatori sanitari e la popolazione italiana.
I risultati sono stati misurati utilizzando uno psico-trauma globale informatico, che consentiva risposte di tipo “sì” o “no” per 17 sintomi, tra cui PTSD, depressione, dissociazione, problemi di sonno, abuso di sostanze, autolesionismo e altri problemi emotivi, sociali o psicologici. Lo psico-trauma globale copriva anche fattori protettivi e di rischio come una storia di malattia mentale, traumi infantili, resilienza psicologica, supporto sociale e altri eventi stressanti.
Inoltre sono stati utilizzati un questionario sulla salute del paziente con nove voci e un questionario sul disturbo d’ansia generalizzato di sette voci per valutare rispettivamente i sintomi di depressione e ansia. I predittori sociodemografici utilizzati nell’analisi erano età, sesso, tipo di occupazione, istruzione, area geografica di residenza, nazionalità, anamnesi di infezioni da Sars-CoV-2, modello lavorativo (lavoro da casa o in ufficio) e frequenza con cui gli individui aveva socializzato nell’ultimo anno.
I risultati hanno riportato che, tra gli individui che hanno completato in tutti e 14 mesi i test, il 52,03% (2691 persone) non ha avuto esiti sulla salute mentale rilevanti, il 20,49% (1061) ha riferito di avere un disagio generale con una totale remissione nel periodo di follow-up, il 20,71% (1071) aveva un disagio generale persistente e il 6,77% (350) ha riferito di avere forti disagi persistenti da stress post-traumatico. Le donne e gli individui più giovani erano particolarmente vulnerabili all’ansia correlata alla pandemia di Covid-19. Tuttavia la valutazione di follow-up ha mostrato anche associazioni tra individui più giovani e la remissione dei sintomi di stress, indicando che potenziali fattori di mediazione sono stati coinvolti nel miglioramento delle condizioni di salute mentale durante i 14 mesi di studio.
Nel complesso, i risultati suggeriscono che i livelli di stress sono diminuiti nella popolazione italiana, indicando un buon livello di resilienza e mostrando come l’impatto sulla salute mentale, a lungo termine, sia stato minore di quanto preventivamente pensato. Tuttavia sono ancora necessarie misure di sostegno ai gruppi specifici più a rischio, come chi ha una storia di disturbi mentali, giovani e donne, e che continuano a sperimentare livelli di stress e ansia molto importanti.
Redazione Nurse Times
Fonte: Farmacista33
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