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Coronavirus, via libera ai test salivari

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Coronavirus, via libera ai test salivari
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Lo stabilisce una circolare del ministero della Salute. Esami utili a scuola e sugli anziani. Obbligo di tracciabilità.

I test salivari possono essere considerati un’opzione per il rilevamento dell’infezione da SARSCoV-2 qualora non sia possibile ottenere tamponi oro/nasofaringei, ma vanno utilizzati preferibilmente entro i primi cinque giorni dall’inizio dei sintomi. Lo indica la circolare a tema diffusa dal ministero della Salute, che detta le indicazioni sulla raccolta dei campioni e sulla segnalazione dei casi. L’esame è indicato come utile per “screening ripetuti” per motivi professionali o di altro tipo, sugli anziani o disabili e sui bambini in ambito scolastico. Alcuni studi hanno rilevato sensibilità comprese tra il 53 e il 73%.

“Condivido la riflessione sull’opportunità di utilizzare i test salivari già per gli esami di terza media e di maturità – ha detto all’Ansa il sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso -. Porrò il tema all’attenzione del ministro Patrizio Bianchi. Finalmente il ministero della Salute ha dato il via libera all’uso dei tamponi salivari nelle scuole: un provvedimento che come Lega caldeggiavamo da mesi e che servirà a contenere i rischi per insegnanti, personale e studenti, migliorando sensibilmente la capacità di monitorare e tracciare la presenza del virus all’interno della comunità scolastica. Questo è lo spirito con cui deve muoversi un Governo di unità nazionale”.

La circolare, ribadendo che il test molecolare su campione nasofaringeo e orofaringeo rappresenta il gold standard internazionale per la diagnosi di Covid-19 in termini di sensibilità e specificità, indica l’obbligo di tracciabilità di tutti i test, compresi quelli salivari, nei sistemi informativi regionali. Gli esiti dei test molecolari su campione salivare, anche se effettuati da laboratori, strutture e professionisti privati accreditati dalle Regioni, devono essere inseriti nel sistema informativo regionale di riferimento.

“L’uso della saliva per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 – si legge nella circolare – prevede un metodo di raccolta non invasivo, tuttavia la corretta raccolta del campione salivare è un passaggio cruciale. I campioni di saliva possono essere eterogenei (saliva orale, saliva orofaringea posteriore) e le diverse tecniche e sedi di raccolta possono avere un impatto sulla sensibilità del metodo”. Inoltre i campioni di saliva possono essere mucosi e viscosi, determinando difficoltà di lavorazione con i metodi e le attrezzature automatizzate di estrazione dell’Rna o di estrazione/amplificazione esistenti.

Esistono test antigenici rapidi che sono stati validati negli Stati membri dell’Ue sulla base di campioni alternativi, come saliva, espettorato e/o feci, ed è in discussione l’opportunità di includere anche questi test nell’elenco dei test antigenici rapidi concordato dall’HSC. Inoltre la sensibilità diminuisce dopo i primi cinque giorni dall’inizio dei sintomi. Nel complesso, gli studi disponibili indicano una sensibilità diagnostica variabile dei test molecolari su campioni di saliva, in relazione alla tecnica di raccolta: una sensibilità maggiore è stata rilevata nella saliva orofaringea posteriore del primo mattino, mentre una sensibilità inferiore è stata osservata con la tecnica del general spitting (raccolta della saliva accumulata a livello del pavimento orale).

Redazione Nurse Times

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