Quattro chiacchiere con la dottoressa dell’ospedale di Cremona: “Gli infermieri? Colonne portanti della sanità”.
Mai come ora è oberata di lavoro. Eppure non perde il sorriso, Francesca Mangiatordi, né si sottrae a una breve chiacchierata, appena trova cinque minuti. Dopo l’intervento in diretta al Tg1, la dottoressa dell’ospedale di Cremona, schierata in prima linea contro il coronavirus, ha concesso un po’ del suo prezioso tempo anche a noi di Nurse Times, che l’abbiamo contattata per raccogliere una testimonianza “dal fronte”.
Inutile ribadire che la situazione, specie nei presidi sanitari della Lombardia, è davvero difficile. Questo lo sanno tutti. Forse non tutti sanno, però, che le difficoltà incontrate sul posto di lavoro si ripercuotono anche sulla vita privata. Francesca – ci siamo dati del tu – ce lo spiega così: «Tornando a casa dopo una giornata estenuante, ho mostrato a mia figlia, appena undicenne, una foto dei pazienti accalcati in Pronto soccorso per la carenza di posti letto. Lei ne è rimasta colpita, e avrebbe voluto abbracciarmi. Ma io non posso avvicinarmi troppo, perché so che non si è mai del tutto sterili, malgrado le precauzioni che prendiamo. Per fortuna ha capito. Ecco, credo che questo semplice aneddoto riassuma l’angoscia che noi del personale sanitario ci portiamo dietro quando stacchiamo, e che ci condiziona pure nel rapporto con i nostri cari».
Una foto tira l’altra. Per Francesca, del resto, la fotografia è una grande passione. E quella ormai celebre, da lei scattata a un’infermiera esausta, ha fatto ben presto il giro del web (e non solo), diventando un autentico simbolo della lotta al Covid-19. Ma può diventare anche il manifesto di una figura professionale tanto importante quanto bistrattata. La dottoressa concorda: «Purtroppo il ruolo degli infermieri è spesso sottovalutato. Senza infermieri, io non riuscirei a fare nulla. Sono loro a svolgere il lavoro più pesante sul piano fisico, correndo ovunque vi sia bisogno. Io li considero le colonne portanti della sanità. E non mi vergogno ad ammettere di aver imparato tanto da loro, specie a inizio carriera».
Dalle immagini alle parole. Ce n’è una che prevale su tutte: paura. «Inutile negarlo – dice Francesca –, la paura di contrarre l’infezione, anche tra noi sanitari, è tanta. Mercoledì ho visto un’infermiera piangere dopo il responso della Tac: ha la polmonite». E di certezze, invece, ce ne sono? «Me ne viene in mente una sola: la certezza della nostra professionalità. Posso affermare con orgoglio che stiamo dando tutti il massimo, senza mai tirarci indietro».
Ancora parole, per concludere. Quelle che sentiamo ripetere da giorni e che la stessa dottoressa ha pronunciato al Tg1. Sono le raccomandazioni per evitare la diffusione del contagio, non ancora recepite da tutti, purtroppo. E allora ripetiamole, sperando che facciano finalmente breccia: «State a casa e proteggetevi il più possibile. È un piccolo sacrificio: solo quindici giorni. Poi torneremo ad abbracciarci, come ha detto pure il premier Conte». Intanto noi abbracciamo te, Francesca, seppure a distanza. E abbracciamo coloro che, come te, combattono questa durissima battaglia. Ce la farete. Ce la faremo.
Redazione Nurse Times
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