Smi: “Sconfitta della politica”. Fimmg: “Ci siamo fatti carico di una scelta difficile e impopolare”.
La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera definitivo all’accordo per l’effettuazione dei test rapidi per la ricerca del Covid-19 da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri. Ma la questione continua a tenere banco sotto vari aspetti. Tra i sindacati dei medici di base, infatti, c’è malumore: Snami e Smi non hanno firmato l’intesa e continuano a ribadire la loro contrarietà all’accordo. Soltanto la Fimmg (la Federazione dei medici di medicina generale) e l’Intesa sindacale (anche se in disaccordo con Fp Cgil Medici) si sono dette a favore dell’effettuazione dei tamponi rapidi negli ambulatori dei medici di famiglia.
L’ACCORDO PREVEDE L’OBBLIGO PER I MMG. ZAIA: «NON ESISTE L’OBIETTORE DI COSCIENZA» – Il punto è che l’accordo stralcio con la Sisac impone la partecipazione obbligatoria e non volontaria allo screening da parte del medico di base. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha firmato un’ordinanza in cui sono previste sanzioni e meccanismi per la precettazione dei medici di base che si rifiutano di eseguire i tamponi. «Chiunque fa questa professione, anche se non ha firmato, ha l’obbligo di fare quello che è stato fissato nell’accordo tra governo e sindacati», ha evidenziato Zaia contestando la lettera dello Smi che metteva in luce le criticità dell’effettuazione dei tamponi in ambulatorio. «Un medico non può rifiutarsi e verrà sanzionato se lo farà perché lo prevede la legge – ha ribadito Zaia -. Qui non esiste l’obiettore di coscienza, i medici sono remunerati». Ed è di oggi la mozione bipartisan che chiede al presidente Fontana di seguire il “modello veneto” anche in Lombardia. Niente facoltà di aderire o meno all’iniziativa, pena la precettazione della categoria.
ONOTRI (SMI): «È SCONFITTA DELLA POLITICA» – I punti dell’accordo maggiormente contestati dai sindacati riguardano la sicurezza dei medici e, appunto, l’obbligatorietà. Sia Smi che Snami, infatti, chiedevano che l’adesione avvenisse su base volontaria. Pina Onotri, segretario generale SMI, esprime a Sanità Informazione tutta la sua delusione: «Penso che la precettazione del medico sia una grande sconfitta della politica così come assumere un atteggiamento punitivo nei confronti di una categoria che sta destreggiando uno tsunami che ha lasciato tante vittime sul campo. La seconda ondata ha portato già cinque vittime tra i medici di base. Molti sono ammalati, in quarantena, non si riescono a trovare sostituti e i pazienti sono senza punti di riferimento».
ONOTRI (SMI): «40% MEDICI CONTRARI, ANCHE TRA ISCRITTI FIMMG» – «I lavoratori di Smi e Snami contrari all’obbligatorietà del tampone sono il 40% – spiega la Onotri -. Anche all’interno della stessa Fimmg, mi riferiscono che moltissimi iscritti non sono d’accordo». Inoltre, secondo Onotri, si tratta di un carico lavorativo eccessivo e non praticabile: «Lavoriamo 12 ore al giorno, siamo reperibili sette giorni su sette, non riusciamo a sopportare un tale carico di lavoro anche considerando l’età media della categoria. Abbiamo sulle spalle tutta la gestione dei pazienti cronici che non trovano risposte negli ospedali e negli ambulatori territoriali che hanno sospeso le visite. Se i medici di famiglia si ammalano, le persone non troveranno più assistenza».
COSA SUCCEDE A CHI SI RIFIUTA DI ESEGUIRE I TAMPONI? SANZIONI E PRECETTAZIONE – L’accordo, dunque, prevede l’obbligatorietà del servizio per i medici. Ma cosa succede a chi si rifiuta? «Rischiamo sanzioni pecuniarie fino alla revoca della convenzione perché non siamo in linea con l’ottemperanza del contratto – ha continuato la Onotri –. Di fronte a un’ordinanza di precetto, nessuno di noi si può rifiutare, o meglio può farlo solo nel caso in cui non vengano forniti i dispositivi di protezione individuali. Il problema è che quelli stabiliti nell’intesa non corrispondono alle norme di biocontenimento che per questo tipo di virus prevedono quelli di terza classe. Si tratta di quelli a disposizione dei professionisti degli ospedali Covid e delle Unità di assistenza territoriale Usca. Per fare i tamponi si deve seguire una procedura particolare, c’è bisogno di personale specializzato che possa supportare il medico. Noi stiamo morendo, non possiamo fare tutto, è impossibile. Imporsi con il braccio di ferro su una categoria che sta dando tanto è una cosa vergognosa che grida vendetta. La nostra risposta sarà ancor più dura».
TESTA (SNAMI): «A RISCHIO ASSISTENZA SANITARIA SE MMG CONTAGIATI» – Anche Angelo Testa, presidente nazionale del sindacato Snami, esprime più di una perplessità nell’effettuazione dei tamponi negli studi per l’alto rischio di contagio e critica duramente l’imposizione: «Invito Silvestro Scotti a ripensarci e ritirare la sua firma dall’Acn che di fatto sancisce l’obbligo, pena la decadenza della convenzione per i medici di base». E Domenico Salvago, vicepresidente Snami aggiunge: «Statisticamente, l’8-14% dei tamponi può avere esito positivo. I medici di base potrebbero diventare dei contatti e dovrebbero interrompere temporaneamente la professione. Chi continua a erogare assistenza sanitaria ai nostri assistiti? Possibile che non possa prevalere il buon senso e il saper tornare indietro?».
SCOTTI (FIMMG): «STRUMENTALIZZAZIONE DELLA FIRMA DI CHI GETTA BENZINA SUL FUOCO» – La Fimmg, dal canto suo, sostiene di essersi caricata sulle spalle “una scelta difficile, impopolare, di difficile comprensione, faticosa, facile obiettivo dell’attacco di altre organizzazioni – si legge nella mozione finale del Consiglio nazionale Fimmg riunitosi il 31 ottobre, approvata con il 97% dei voti a favore – pur di mantenere viva la negoziazione la contrattazione sindacale nazionale e rifiutando meccanismi quali l’imposizione per decreto, per ordine di servizio o per precettazione che auspichiamo non verranno adottate anche nei nostri confronti”. La Fimmg smentisce “la strumentalizzazione della firma dell’ACN di chi, approfittando del grave disagio in cui i medici lavorano, getta benzina sul fuoco attraverso messaggi falsi e fuorvianti, finalizzati solo per fare cassetta sindacale sulla pelle dei medici e dei cittadini”. E precisa che “i tamponi rapidi previsti dal contratto riguardano i contatti stretti, gli asintomatici, al decimo giorno dal contatto a rischio”, e si possono realizzare “modelli organizzativi, anche con il coinvolgimento della continuità assistenziale, dell’emergenza sanitaria territoriale e della medicina dei servizi, per l’esecuzione dei tamponi in sicurezza, in locali dedicati, da parte di chi possa dedicarvisi senza gravare su una attività assistenziale caratterizzata da un impegno quotidiano senza precedenti”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Sanità Informazione
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