Lo ha stabilito un decreto del Tribunale di Ravenna con riferimento a un 16enne, figlio di una coppia separata, cui il padre negava il consenso.
Un decreto emesso lo scorso 30 agosto dal Tribunale di Ravenna ha stabilito che un ragazzo di 16 anni potrà sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid nonostante la contrarietà di uno dei due genitori. La decisione fa riferimento alla vicenda di un padre che rifiutava il consenso alla vaccinazione del figlio 16enne affidato congiuntamente a entrambi i genitori separati. Il ragazzo, convinto nel volersi vaccinare, ha chiesto sostegno alla madre e ottenuto dal Tribunale l’autorizzazione per la sola madre a sottoscrivere il consenso informato.
In pratica, i giudici del Tribunale di Ravenna hanno rilevato l’esistenza di un grave pregiudizio per la salute e della diffusione della malattia sul territorio nazionale, sottolineando che “il Covid è patologia che notoriamente, in un numero rilevante di casi, ha avuto conseguenze gravi e mortali con una amplissima diffusione non solo sul territorio nazionale ma mondiale, con effetti gravissimi sui sistemi sanitari di molti paesi”.
I giudici hanno evidenziato che “quanto all’efficacia del vaccino nella prevenzione della malattia e nel contrasto alla diffusione del contagio la comunità scientifica sia nazionale che internazionale, sulla base di studi continuamente aggiornati, è concorde nel ritenere che i vaccini approvati dall’autorità sia nazionale che internazionale hanno un’elevata efficacia nel proteggere dalla malattia grave sia i singoli che la collettività, e in particolare i soggetti vulnerabili, i cui benefici sono superiori ai rischi in tutte le fasce di età, comprese quelle più giovani, che sono anche quelle in cui la circolazione del virus è più elevata per la maggiore socializzazione”.
E ancora: “L’ampia copertura vaccinale consente poi di rallentare e controllare la trasmissione della malattia con effetti benefici per la collettività. Al contrario – si può leggere ancora – l’assenza di copertura vaccinale, soprattutto in presenza di varianti sempre più contagiose, comporta, da un lato, un maggior rischio per i singoli, ivi compresi i minori, di contrarre la malattia e, dall’altro, ripercussioni negative sulla vita sociale e lavorativa delle persone e, per quanto riguarda i minori, sul loro percorso educativo limitando la possibilità di accesso alle strutture formative”.
Redazione Nurse Times
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