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Coronavirus, l’allarme della Croce Rossa: “In Europa nessuno è preparato per una pandemia”.

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Coronavirus, l’allarme della Croce Rossa: “In Europa nessuno è preparato per una pandemia”.
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L’Oms è pronta ad approntare controlli più stringenti sui voli in arrivo dalla Cina.

«In questo momento non c’è motivo di scatenare il panico, perché l’epidemia procede lentamente. Ma abbiamo segnali che fanno pensare a una sua possibile accelerazione, che farebbe crescere il rischio di pandemia fuori dai confini cinesi ed è necessario che i governi, anche in Europa, non si facciano trovare impreparati». A spiegare da Ginevra quanto non sia il caso di prendere sottogamba il coronavirus 2019-nCoV è il direttore salute della Federazione internazionale della Croce Rossa, l’italiano Emanuele Capobianchi. Un “chi va là” lanciato proprio nel giorno che vede il conteggio delle vittime superare quello della Sars.

Tanto che la Croce rossa internazionale lascia capire come anche l’Oms potrebbe nelle prossime ore alzare l’asticella delle misure di contenimento del virus. «L’Organizzazione mondiale della sanità fino, a oggi, ha raccomandato di non chiudere i voli dalla Cina, ma potrebbe cambiare indicazioni se la situazione epidemiologica dovesse evolvere non in meglio», afferma Capobianchi, facendo presagire un cambio di rotta dopo le critiche fatte recapitare dall’Oms al Governo italiano per la decisione di non far atterrare voli dalla Cina.

«In questo momento – ammette – la situazione è preoccupante, perché al di là dei casi notificati non sappiamo quante persone siano state effettivamente contagiate e, se il tasso di mortalità dovesse rimanere al 2%, non possiamo dire sia un dato banale, visto che quello dell’influenza è dello 0,1%. In tutto il mondo e in tutte le città dobbiamo prepararci ad affrontare un’eventuale emergenza sanitaria perché, se il virus iniziasse a propagarsi anche tra il personale sanitario, diminuirebbe la capacità poi di curare anche le altre malattie da parte dei sistemi sanitari, compresi quelli evoluti europei».

Una preoccupazione che poggia anche su un nuovo studio, analizzato dagli uomini della Cri, che dimostra la capacità del virus di mantenersi vivo fino a nove giorni dopo essersi depositato nelle superfici inerti, come un letto o la maniglia di una porta. Che fino a oggi, in alcuni Paesi occidentali, il problema sia stato preso un po’ sottogamba lo dimostra anche il fatto che «a livello internazionale abbiamo problemi di mercato per l’approvvigionamento del materiale di biocontenimento, come mascherine e indumenti di protezione», ammette Capobianchi. Aggiungendo che in questo momento «servono più che mai gli screening per poter individuare le persone contagiate da mettere in isolamento, e occorre anche essere pronti a un eventuale aumento dei casi gravi da trattare».

Servono, insomma, piani di contingenza, come si chiamano in gergo tecnico, «ossia prevedere più spazi negli ospedali dove poter isolare i contagiati e assisterli», traduce il presidente della nostra Cri, Francesco Rocca. «In Europa è il caso di rispolverarli o, dove non esistono, crearne di nuovi», gli fa eco il responsabile ginevrino dell’organizzazione.

«Non voglio fare l’allarmista, ma se l’epidemia dovesse varcare i confini cinesi non più con casi isolati ma con veri focolai di infezione nessuno, nemmeno in Europa, sarebbe attrezzato ad affrontare una vera pandemia», afferma il presidente della Cri. Che punta il dito non tanto contro l’Oms, ma verso i governi europei: «Bisognerebbe assumere ovunque le decisioni prese nel nostro Paese, che ha anteposto le ragioni della salute a quelle dell’economia. Purtroppo già prima del coronavirus l’Oms aveva invitato gli Stati a non sottovalutare il rischio di pandemie, sempre presente in un mondo globalizzato. Mi auguro che questa vicenda induca le autorità politiche internazionali a essere più attente agli allarmi lanciati dalla comunità scientifica e a indirizzare maggiori investimenti verso la prevenzione delle pandemie».

Anche perché i controlli a tappeto in tutti gli aeroporti italiani rappresentano una rete protettiva ancora con troppi buchi, fino a che nelle maglie potrà passare chi è partito dalla Cina facendo scalo altrove prima di atterrare da noi. E, come conferma il responsabile della Cri, «la trasmissione del virus da persone asintomatiche è rara, ma c’è». Ossia da termoscanner e pistole misura-febbre può sempre passare i controlli chi senza star male il virus lo porta con sé. E con un tasso di contagiosità di oltre due persone per ogni soggetto ammalato non c’è proprio da abbassare la guardia.

Redazione Nurse Times

Fonte: La Stampa

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