Riceviamo e pubblichiamo i versi scritti di getto da un collega dopo il primo turno al reparto Covid.
Maschera sul viso,
terrore nel petto,
di cloro intriso,
i segni si vedono di netto. 
Vengo giù,
con il cuore a mille,
vengo giù,
la mia testa non ragiona,
fa scintille. 
Covid-19 morte
rischio contagio,
mi sento perso,
mi sento piccolo,
come in una nave
durante un naufragio,
un punto bianco
immerso nel rosso,
un punto stanco
immenso in un fosso. 
Ci chiamano eroi,
ma ci dimenticano,
sfruttati come buoi,
ci calpestano.
Trattati come 80 anni fa,
come se di strada
non ne avessimo fatta,
3.000 lavori in uno,
e il tempo che scorre,
sotto la tuta di biocontenimento si schiatta. 
E mi chiedo: perché lo faccio?
Perché continuo questa lotta?
Anche se mi sento uno straccio,
solo per guadagnare la pagnotta? 
Mi chiudo in me stesso e penso,
penso al primo giorno di tirocinio
e del perché ho intrapreso questo percorso. 
Ripenso alla speranza…
La speranza è chi ti offre il caffè,
e si ricorda di te,
di quando c’eri e si vedeva,
di quando c’eri e si sentiva. 
A quella speranza…
Intrisa negli occhi,
occhi che sorridono,
occhi che parlano,
occhi che ringraziano. 
In fondo…
non c’è cosa più bella che salvare una vita,
e questo mi basta.
Diego Russo
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