E’ uno dei dati, aggiornati al 18 novembre, forniti da Istituto Superiore di Sanità e Società Italiana Pediatri.
Sono stati otto i decessi per coroinavirus registrati in bambini e ragazzi da zero a 19 anni dall’inizio dell’epidemia, a fronte degli oltre 52mila decessi registrati tra gli adulti. Sempre dall’inizio della pandemia il numero comlessivo dei contagiati in questa fascia d’età è stato di 149.219, pari al 12,2% del totale.
A fare il punto, sulla base degli ultimi dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e aggiornati al 18 novembre, è la Società Italiana Pediatri (Sip), in occasione della conferenza stampa di presentazione del Congresso Straordinario Digitale “La Pediatria italiana e la pandemia da Sars-CoV-2”.
Nello specifico, tra gli zero e i 9 anni sono stati diagnosticati 43.841 casi di coronavirus, pari al 3,6% del totale, mentre nella fascia di età 10-19 si contano 105.378 contagi, pari all’8,6%. Tra i bimbi da zero o un anno, gli asintomatici sono il 64%, quelli con sintomi lievi il 32% e solo il 3% manifesta sintomi severi. Tra i 2 e i 19 anni, invece, gli asintomatici sono più di 7 su 10, e la restante parte ha pochi sintomi. Solo il 0,4% ha sintomi severi dovuti all’infezione da coronavirus.
“Nei mesi del lockdown – ha dichiarato Alberto Villani, presidente Sip –, tra i bambini abbiamo avuto quattro decessi con pregresse patologie e un numero molto basso di contagi. Contagi che sono rimasti bassi nel periodo post lockdown ed estivo. Poi, da ottobre in poi, abbiamo visto un incremento della curva. Ma anche i nuovi numeri confermano che i bambini hanno forme meno gravi e che è rara, anche se non impossibile, la necessità di cure intensive. Anche rispetto ai decessi gli ultimi dati sono in linea con l’atteso, a conferma del fatto che i bambini corrono meno rischi diretti a causa dell’emergenza sanitaria ma hanno tutta una serie di rischi collaterali molto importanti, le cui conseguenze però non si manifestano oggi”.
Dal Congresso Straordinario Digitale “La Pediatria italiana e la Pandemia da Sars-CoV-2” è emerso anche che il Covid-19 sta avendo conseguenze importanti sulla salute dei bambini. Nello specifico, secondo i dati comunicati dalla Sip, dall’inizio dell’epidemia gli accessi al pronto soccorso pediatrico si sono ridotti in media del 40% e conseguentemente sono emersi dei ritardi nella diagnosi di patologie anche gravi.
“A farne le spese – ha spiegato Giovanni Corsello, past president Sip – sono soprattutto i più fragili, cioè quel milione di bambini con patologie croniche complesse che, durante le fasi più acute della pandemia, si sono trovati nella impossibilità di seguire i controlli, di raggiungere gli ospedali e spesso anche gli ambulatori dei pediatri di famiglia, con conseguenze negative sul piano clinico e psicologico”.
La pandemia di coronavirus ha portato, seppur indirettamente, anche a una riduzione del numero delle vaccinazioni somministrate ai più piccoli. Inoltre, secondo un’indagine condotta dalla Società italiana malattie genetiche pediatriche e disabilità congenite, dall’inizio della pandemia di coronavirus il 40% dei bambini “fragili” ha interrotto i controlli, spesso decisivi per evitare complicanze della patologia.
Secondo le stime della Società di medicina emergenza urgenza pediatrica (Simeup), durante la pandemia il calo medio dell’utenza pediatrica nei Pronto Soccorso è stato del 40%. In alcuni territori questa percentuale sale all’80%. Un altro dato da non sottovalutare è la crescita dal numero di bambini nati morti durante la pandemia, per i mancati controlli in gravidanza. In Lazio, per esempio, è stato registrato un significativo aumento dei bambini nati morti. “Abbiamo avuto difficoltà nella prima ondata ma gli ospedali e i pronto soccorso oggi sono sicuri – ha commentato il presidente della Sip –. Non si rischia il contagio e bisogna farvi ricorso ogni volta che sia necessario”.
Redazione Nurse Times
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