L’Istituto Superiore di Sanità ha analizzato l’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di Covid-19 in età scolare tra agosto e dicembre 2020.
E’ online sul sito dell’Iss il rapporto “Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2: la situazione in Italia”, che analizza l’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di coronavirus in età scolare (3-18 anni) nel periodo compreso tra il 24 agosto e il 27 dicembre 2020, e descrive le evidenze attualmente disponibili sull’impatto della chiusura/riapertura della scuola sulla trasmissione del Covid-19 a livello di comunità, con anche una rassegna dei principali studi in merito condotti nel mondo.
Nel periodo tra il 31 agosto – 27 dicembre 2020 il sistema di monitoraggio ha rilevato 3.173 focolai in ambito scolastico, che rappresentano il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. La percentuale dei casi in bambini e adolescenti è aumentata dal 21 settembre al 26 ottobre (con un picco del 16% nella settimana dal 12 al 18 ottobre), per poi tornare ai livelli precedenti.
Nello specifico, in base ai dati estratti dal database del Sistema di sorveglianza integrata Covid-19, tra il 24 agosto e il 27 dicembre 2020 sono stati diagnosticati 203.350 casi di positivà in età scolare, l’11% del totale. “La percentuale dei casi in bambini e adolescenti è aumentata dal 21 settembre al 26 ottobre (con un picco del 16% nella settimana dal 12 al 18 ottobre) per poi tornare ai livelli precedenti”, precisa l’Iss.
Le percentuali di casi in età scolare rispetto al numero dei casi in età non scolare oscillano tra l’8,6% della Valle d’Aosta e il 15,0% della Provincia autonoma di Bolzano. La maggior parte dei casi in età scolare (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10%). La percentuale dei focolai in ambito scolastico, sottolinea il rapporto, si è mantenuta sempre bassa e le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che sono nell’ordine il contesto familiare/domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo.
“Dopo la riapertura delle scuole, nel mese di settembre 2020, l’andamento dei casi di Covid-19 nella popolazione in età scolastica ha seguito quello della popolazione adulta, rendendo difficile identificare l’effetto sull’epidemia del ritorno all’attività didattica in presenza – affermano gli autori -. Quello che si può notare è che pur con le scuole del primo ciclo sempre in presenza, salvo che su alcuni territori regionali, la curva epidemica mostra un decremento a partire da metà novembre, evidenziando un impatto sicuramente limitato dell’apertura delle scuole del primo ciclo sull’andamento dei contagi”.
La decisione di riaprire le scuole, sottolinea ancora il rapporto, comporta un difficile compromesso tra le conseguenze epidemiologiche e le esigenze educative e di sviluppo dei bambini. “Per un ritorno a scuola in presenza, dopo le misure restrittive adottate in seguito alla seconda ondata dell’epidemia di Covid-19, è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza. Le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un’adeguata ventilazione dei locali”.
Nel documento l’Iss descrive anche le evidenze attualmente disponibili sull’impatto della chiusura e della riapertura della scuola sulla trasmissione di Covid-19 a livello di comunità: “Quando sono in atto e ampiamente seguite misure di mitigazione sia a scuola che a livello di comunità, le riaperture scolastiche, pur contribuendo ad aumentare l’incidenza di Covid-19, causano incrementi contenuti, che non provocano una crescita epidemica diffusa”.
Redazione Nurse Times
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