Intervista esclusiva al responsabile del Comitato scientifico della Società italiana infermieri emergenza territoriale.
“Il 14 settembre non autorizzo nessun personale della scuola ad isolare mio figlio se dovesse presentare improvvisamente qualche linea di febbre”. Inizia così un messaggio, diventato virale sui social, che ha spaventato migliaia di genitori. Un post nel quale si sosteneva addirittura che agli stessi genitori non sarà permesso di prelevare i propri figli e che questi saranno invece affidati all’autorità sanitaria competente.
Si tratta di una bufala, naturalmente, ma l’allarme da essa generato ha indotto il Miur a smentire pubblicamente l’ipotesi di un prelevamento forzoso da scuola: “Sta purtroppo girando una grave fake news su cosa accade quando si deve gestire un alunno che, all’interno dell’istituto scolastico, mostra sintomi compatibili con l’infezione da Covid-19. Si arriva a sostenere che ai genitori non sarà permesso prelevare i propri figli e che questi saranno affidati all’autorità sanitaria. Niente di più falso, ovviamente”.
Partono da questa e altre fake news, circolate nei giorni scorsi, le considerazioni di Enrico Lucenti, responsabile del Comitato scientifico del Siiet (Società italiana infermieri emergenza territoriale), da noi raggiunto telefonicamente per alcuni chiarimenti sulla gestione degli alunni potenzialmente “a rischio” da parte degli operatori dell’emergenza territoriale.
«Sebbene le notizie false siano state smascherate – precisa –, è opportuno tranquillizzare i genitori. Noi infermieri dell’emergenza territoriale siamo abituati a rapportarci col paziente pediatrico. Lo facciamo ogni giorno e sappiamo esattamente come comportarci. Qualora si renda necessario trasportare un bambino in pronto soccorso, ciò avverrà in ottemperanza alle indicazioni provenienti dall’Iss e dal ministero della Salute, oltre che nel pieno rispetto dei diritti del piccolo. Primo tra tutti, il diritto di non essere separato dalla madre o dal padre».
Insomma, gli operatori sono pronti. Anche in virtù dell’esperienza accumulata durante l’emergenza coronavirus. «Quando si devono prendere decisioni – spiega Lucenti – i fattori essenziali sono due: tempo e conoscenza. In marzo, all’inizio del lockdown, mancavano entrambi. Ora, invece, ci sono tutti e due. Soprattutto c’è un bagaglio conoscitivo superiore, frutto del lavoro svolto in quel periodo. Un bagaglio che la Siiet, al pari di altre associazioni, ha contribuito a diffondere attraverso appositi documenti. Anche per questo ribadisco che i genitori possono stare sereni: siamo pronti».
Un altro aspetto sul quale il responsabile del Comitato scientifico del Siiet tiene a soffermarsi è quello delle cosiddette mascherine di comunità, cioè monouso o lavabili, anche auto-prodotte e reperibili in commercio: «In assenza di una valutazione da parte dell’Iss e dell’Inail, è bene ricordare che non si utilizzare in ambiente ospedaliero o assistenziale perché non hanno i requisiti tecnici dei dispositivi medici e dei dispositivi di protezione individuale. Molti importanti brand hanno immesso sul mercato prodotti griffati, ponendo però l’attenzione sul gusto personale e non sul discorso qualitativo. Attenzione, quindi, alle spese ingiustificate. Le mascherine soggette a certificazione da parte dell’Iss sono quelle denominate “chirurgiche” e le ormai famose FFP2 o FFP3, come si evidenzia nel documento Siiet dedicato all’argomento».
Per concludere, un pensiero sulla reputazione degli infermieri in genere. L’encomiabile impegno da essi profuso per fronteggiare l’emergenza Covid avrà insegnato a rispettarli maggiormente? Questa l’opinione di Lucenti in merito: «In effetti ho notato un cambiamento in meglio, ma temo che, una volta superata questa fase, si possa tornare al punto di partenza. Tocca a noi professionisti far sì che la gente continui a rispettarci come negli ultimi tempi. È un diritto che dobbiamo continuare a conquistarci sul campo».
Redazione Nurse Times
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