Pronto soccorso in tilt: malati sistemati sulle barelle e promiscuità con i pazienti Covid. La testimonianza dei medici al quotidiano Repubblica.
“Se venissero qui a documentare con un video le condizioni in cui lavoriamo, allora sì, ci chiuderebbero”. Pomeriggio, fine turno, Ospedale del Mare. L’esasperazione si sta sommando alla stanchezza. Medici e infermieri raccontano di troppi posti in barella, addirittura di qualche paziente steso sul pavimento. In Pronto soccorso vietato entrare, ovvio. “I soggetti affetti da Covid sono in totale promiscuità con i non Covid”.
Una dottoressa all’uscita attende il taxi. Il collega si meraviglia e chiede perché abbia rinunciato alle due ruote: “Ho terrore di farmi male, se prendo lo scooter. Terrore di finire stesa anch’io da qualche parte negli ospedali al collasso per una frattura. Hai visto, no, che cosa abbiamo là dentro?”. Repubblica ha verificato il racconto con primari e medici. Risposta, la stessa da un mese: “Sì, in forma anonima, perché, se parli male di questa sanità, finisci nel mirino”. Inferno Ospedale del Mare, dunque.
“Le vede, le due stanze grandi del Pronto soccorso? Ormai non siamo più Covid free, come qualcuno diceva. Siamo travolti dall’epidemia, ma da giorni”. Dall’esterno, si vedono solo le ambulanze in coda. Il medico continua: “Ormai c’è totale promiscuità. Lì dentro abbiamo raggiunto tre volte il numero delle postazioni originarie”. E gli altri che arrivano? “Altri pazienti, ad esempio quelli chirurgici, li mettiamo su sedie, perché tutte le postazioni ordinarie sono occupate dagli ammalati Covid, compresi i codici rossi”.
È stravolta anche l’organizzazione del triage? “Inevitabilmente. I codici rossi occupano postazioni singole. Ora, invece, in ciascuna di queste abbiamo due barelle per Covid. E va sottolineato che sempre in Pronto soccorso abbiamo soggetti infetti assistiti in Cpap, volgarmente il ‘casco’ per ossigeno. Significa che ventilano nello stesso ambiente dei ‘sani’, il virus si trasmette di più, più velocemente. Li curiamo anche a terra”.
Cosa accade quindi, se arriva un politraumatizzato? “È successo, ovviamente. Viene trattato su una barella nel bel mezzo di questo girone che è diventato il Pronto soccorso. Purtroppo, l’altra notte, un ammalato è stato adagiato per terra”. Ne è sicuro? “Certo, stiamo assistendo alle scene che temevamo lo scorso marzo, guardando la tragedia della Lombardia e pregando, da addetti ai lavori, che il virus ci risparmiasse. Abbiamo visto negli anni indebolire e via via chiudere un ospedale dietro l’altro. Loreto Mare, Ascalesi, San Gennaro. L’Ospedale del Mare doveva essere la lampada di Aladino? La panacea di tante storture? Purtroppo non siamo attrezzati per i miracoli. Siamo solo medici”.
Una situazione che riguarda solo il Pronto soccorso? C’è più ordine nei reparti? Come si fa a tutelare, ad esempio, un ricoverato che è negativo al virus dai pazienti in terapia per altro? Allarga le braccia un’altra dottoressa: “Guardi che non solo in Pronto soccorso, ma anche nei reparti di degenza, pazienti Covid e non Covid sono praticamente vicini. In particolare, i colleghi del quinto piano, in Chirurgia, hanno ben cinque positivi e altri tre sospetti in mezzo ad altri ricoverati, che non hanno il virus, ma soffrono di patologie gravi, lottano contro un tumore. Si rende conto? Però, a quanto pare, qui siamo zona gialla”.
Restano evidentemente lodevoli intenzioni anche i progetti di separare i percorsi, lo “sporco” dal “pulito”. Ma basta guardare il nastro che divide in due solo il pavimento del corridoio e l’ingresso nella camera di vestizione e svestizione. Di là, sulla metà a sinistra hanno scritto a penna “Uscita pulito”, di qua “Entrata sporco” . E questo “vale incredibilmente persino per ascensori e percorsi di uscita”. È choc la testimonianza di un altro medico: “Da uno dei nostri ascensori vedo uscire il carrello con un grande, pietoso bustone. Dentro, c’era una salma. Non esiste neanche il percorso diretto e protetto verso la morte”.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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