Introduzione di Giuseppe Papagni
Ancora un contributo sulle due prove del concorso per infermiere di Bologna del 24 e 25 maggio, la testimonianza di F.D., una giovane collega al suo primo concorso pubblico.
Mi chiamo F.D., mi sono laureata a dicembre 2014 a Empoli, succursale dell’ università di Firenze e da quella data ho sempre più o meno lavorato nel privato e non ho avuto occasione di partecipare a concorsi pubblici.
Il primo era proprio questo: Bologna, spinta dalla curiosità e dalla voglia di fare un po di “allenamento” per quello che sarà il concorso in Toscana ho deciso di partecipare. Immaginavo ci fosse tanta gente ma non credevo potesse essere possibile una cosa del genere.
Entrata nell’arena sono rimasta scioccata dalla scena che mi si è presentata davanti: innumerevoli file di sedie e anche io, come molti, mi sono chiesta se si trattasse di un concerto piuttosto che di un concorso pubblico.
Un senso di tristezza e puro sdegno mi è salito dallo stomaco. In mezzo a tutta questa gente, In mezzo ad un posto così dispersivo e grande si può davvero riconoscere dove sia finita LA NOSTRA PROFESSIONE?
… ma sopratutto, si può davvero selezionare con criterio i più professionali ed i più bravi???!!!…
Già in partenza il mio pensiero era orientato su un enorme NO, ma il concorso doveva ancora iniziare…
Oltre a tutte le irregolarità e assurdità verificatesi durante lo svolgimento della prova, quello su cui volevo porre l’accento sono i contenuti delle domande.
Non parlo dello specifico di questo concorso ma in generale credo che sia una VERGOGNA che le domande delle prove concorsuali vengano prese e copiate tali e quali dai libri dei test. Cioè, fatemi capire: vince chi ha fatto più volte avanti e indietro il libro dei quiz mica chi è più professionale, umano e preparato. Vince chi nella sua vita ha messo più crocette e si è studiato a memoria le risposte dei test a casa!
Sono una persona che crede molto in quello che fa e nelle potenzialità che ha questa meravigliosa professione, ma davanti a tutto questo mi chiedo che cosa serve studiare libri, fare esami, ascoltare ore di lezione quando si può semplicemente mettere delle crocette per vincere un concorso. Paradossalmente, tra una persona che esce dall’università dopo 3 anni di studio intenso e un’altra che in 6 mesi (forse sono anche troppi) si è studiata ‘Alphatest’ a memoria potete stare tranquilli che a vincete il concorso sarà il secondo, non vi pare assurdo?
Bhe, a me si…mi pare che in tutto questo si perda l’essenza della nostra professione. Lavoriamo con le persone e per le persone, dobbiamo essere bravi ascoltatori, ottimi educatori e buoni consulenti… dobbiamo essere bravi ad assistere, credere nella ricerca infermieristica, nello sviluppo della professione e protagonisti di un cambiamento culturale e sociale… ma in queste condizioni è davvero IMPOSSIBILE.
L’obiettivo diventa solo imparare dei quiz a memoria!
La soluzione a tutto questo non la so, forse bisognerebbe partire dall’università, forse è da li che si dovrebbe cominciare a selezionare solo i migliori, come fanno all’estero, in modo che poi gli ospedali non siano costretti ad esaminare 9000 persone alla volta.
Sicuramente tante cose dovrebbero cambiare, così tante che nessuno sa da dove partire.
Siamo tanti ma siamo anche una categoria forte, e se partissimo da NOI???
F.D.
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