Pubblichiamo il comunicato ufficiale dell’associazione di volontariato Bresciasoccorso, comparso sulla loro pagina Facebook a chiarimento di un’immagine/manifesto pubblicato qualche giorno addietro che riprendeva la campagna associativa.
Quelle che hanno suscitato non poche polemiche sono state, nel manifesto prodotto con il volto del volontario rassicurante e sorridente, le parole riportate “Quando chiami il 118, ti salviamo noi volontari. Lo sapevi?”
La nostra redazione accoglie con favore le parole di chiarimento dell’associazione, ritiene doveroso il ritiro di questo manifesto dalla campagna associativa, parimenti pur riconoscendo l’impegno dei volontari crediamo sia importante favorire un clima di equipe, positivo, produttivo, nel rispetto delle reciproche competenze e, quindi, capace di implementare la sicurezza dell’utenza, come ribadito nel nostro precedente articolo (CLICCA QUI), siamo altresì favorevoli alla professionalizzazione di tutta la catena del soccorso.
Sono inaccettabili, e questa redazione si dissocia pubblicamente, tutte quelle parole in libertà, rivolte contro l’associazione Bresciasoccorso che nulla hanno a che vedere con i valori che ispirano la nostra professione…
Di seguito il comunicato:
“In relazione alla campagna promozionale del nuovo corso di primo soccorso, l’associazione Bresciasoccorso ONLUS intende porgere le più sentite scuse a tutti coloro che dagli spot fotografici utilizzati per detta campagna possano essersi sentiti in qualche modo offesi o screditati.
La nostra intenzione non era assolutamente quella di porre in cattiva luce né tantomeno di discreditare i professionisti sanitari, quali medici e infermieri, che quotidianamente si adoperano per l’emergenza extra ospedaliera. La nostra campagna, seppur con toni molto provocatori (ma assolutamente e per niente denigrativi), voleva porre in evidenza la realtà del territorio sul quale operiamo, e purtroppo sconosciuto a chi opera in altre regioni. Allo stato attuale il servizio di emergenza, sul comune di Brescia, coordinato da Infermieri e Medici di AREU (l’Azienda Regionale – della Lombardia – per l’emergenza e urgenza) è affidato in larga parte alle associazioni di volontariato nelle quali operano per la quasi totalità soccorritori volontari, affiancati in alcune realtà, anche da dipendenti “laici”, ovvero lavoratori retribuiti ma con la medesima formazione dei volontari.
È inopinabile che la presenza di figure altamente qualificate come medici e infermieri sia indispensabile per il corretto funzionamento della cosiddetta “catena del soccorso”, mai ci permetteremmo di sostenere il contrario. Purtroppo la nostra intenzione è stata mal interpretata e tacciata di disinformazione nei confronti della cittadinanza.
Ribadiamo che non era assolutamente nostra intenzione mettere in secondo piano il prezioso lavoro di medici e infermieri, esaltando la figura del volontario.
Da anni ci battiamo all’interno della nostra associazione per limitare l’insorgere di esaltazione personale dei volontari, ricordando che all’interno della catena del soccorso, ognuno deve fare per quello che sa e per quello che è.
Non appena ci siamo accorti che la campagna pubblicitaria avrebbe potuto in qualche modo offendere qualcuno, abbiamo provveduto immediatamente alla rimozione.
Purtroppo la diffusione “virale” che i social permettono, ha reso vana la nostra buona volontà nell’arginare il propagarsi degli spot in oggetto. Siamo molto amareggiati per che sia stato recepito un messaggio completamente diverso da quello che volevamo trasmettere. E ce ne scusiamo nuovamente. Quello su cui non possiamo transigere né tantomeno comprendere o giustificare sono le offese, le ingiurie e le frasi vergognose che qualche utente del web ha rivolto ai nostri ragazzi. Non lo troviamo in alcun modo pertinente con l’argomento. Il rispetto, a prescindere da qualsiasi controversia, pensiamo sia cosa che non debba mai mancare. Soprattutto a ragazzi che in maniera assolutamente gratuita prestano il loro tempo a servizio della collettività. Siamo certi che capirete che le nostre intenzioni erano le più nobili”.
Redazione NurseTimes
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