L’operazione, eseguita all’ospedale San Gerardo, prende il nome di mini ALPPS laparoscopica e consiste nella separazione dell’organo associata alla legatura della vena porta per epatectomia in due tempi, eseguita per via mininvasiva.
All’ospedale San Gerardo di Monza un uomo di 60 anni si è sottoposto a
un complesso intervento chirurgico, consistente nella separazione in due parti del fegato. L’utilizzo di questa tecnica si è resa necessaria per la presenza di un tumore primitivo del fegato (colangiocarcinoma), che per dimensioni e localizzazione necessitava dell’asportazione completa del fegato di destra, non possibile con una singola operazione con la tecnica tradizionale in quanto il fegato residuo di sinistra non sarebbe stato sufficiente per garantire un funzionamento adeguato dell’organo.
Il doppio intervento è stato eseguito dall’equipe della Chirurgia epatobiliare (afferente alla Chirurgia Generale 1 diretta dal professor Marco Braga), composta dal professor Fabrizio Romano, dal dottor Mattia Garancini e dal dottor Mauro Scotti, chirurghi e docenti dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, con precedente percorso formativo in centri di eccellenza come l’Istituto Nazionale dei Tumori, il Niguarda e l’Humanitas.
Prende il nome di mini ALPPS laparoscopica (Associating Liver Partition and Portal vein ligation for Staged hepatectomy) e consiste nella separazione del fegato associata alla legatura della vena porta per epatectomia in due tempi, eseguita per via mininvasiva.
“Si tratta di una recente procedura di chirurgia, la cui esecuzione avviene in due distinti interventi – spiega il professor Romano –. Dopo gli accurati studi volumetrici, che hanno evidenziato un non adeguato volume del fegato di sinistra residuo, durante la prima parte abbiamo diviso la parte di fegato sano dal fegato di destra, in cui vi era la lesione tumorale, associando l’isolamento e la chiusura della vena porta di destra, seguita dalla parziale separazione delle due parti del fegato. Così abbiamo eliminato le connessioni fra le due porzioni di fegato, di fatto togliendo ‘nutrimento’ alla parte di fegato colpita da tumore. In questo modo l’apporto di sangue sottratto al fegato di destra, sede della malattia epatica, ha consentito alla parte sana di crescere di volume molto rapidamente, raggiungendo le dimensioni necessarie per l’ottimale funzionalità dopo soli sette giorni dal primo intervento chirurgico, rispetto alle tecniche abituali che avrebbero richiesto dalle quattro alle otto settimane per permettere alla parte sana di ricrescere”.
Questo parte dell’intervento è stata eseguita per via laparoscopica, riducendo così l’invasività della procedura. La seconda operazione di asportazione del lobo epatico destro è stata eseguita appunto a una settimana dalla prima, dopo aver verificato tramite Tac volumetrica che la parte di fegato sano avesse raggiunto le dimensioni sufficienti per consentire la piena funzionalità epatica, e quindi la sopravvivenza del paziente (+23% di aumento del fegato sano di sinistra). Al termine del secondo intervento il paziente è stato trasferito in terapia intensiva, come già programmato per la prima notte, il giorno dopo portato in reparto. Il successivo decorso post-operatorio è stato regolare senza complicanze chirurgiche e mediche di rilievo.
“Si è trattato di un intervento unico per la Asst di Monza – sottolinea il professor Braga –, eseguibile, per la complessità del caso, solamente in pochi centri in Italia, oltre che da chirurghi dedicati a questo tipo di chirurgia”.
“È molto importante concentrare la nostra attività sull’applicazione di tecniche innovative a vantaggio dei nostri pazienti – aggiunge il direttore generale della Asst Monza Mario Alparone –, e questo grazie all’interazione delle attività di ricerca universitaria con quella clinica, che al San Gerardo trova un ambito di applicazione ideale”.
Redazione Nurse Times
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