La circolazione extracorporea (CEC) è una metodica di assistenza cardio-vascolare. Mette in comunicazione l’organismo biologico del paziente con un dispositivo meccanico, la macchina cuore-polmoni, nel corso di interventi chirurgici in cui è necessario sospendere e bypassare temporaneamente le funzioni del cuore e dei polmoni. Assicurando una perfusione e un’ossigenazione tissutale in assenza di un’attività cardiaca, la circolazione extracorporea permette la sostituzione o la correzione della maggior parte delle lesioni cardiache e dei grossi vasi.
Nonostante le specificità proprie di alcune pratiche chirurgiche, il materiale e le regole di attuazione e di monitoraggio della circolazione extracorporea sono universali. Benché l’evoluzione tecnica abbia permesso la miniaturizzazione del materiale, le superfici artificiali utilizzate per tali circuiti restano tuttavia responsabili di una reazione infiammatoria che può portare a disordini metabolici e a disfunzioni organiche. Lavori recenti hanno mostrato una riduzione di questa reazione infiammatoria grazie all’uso di circuiti pre-eparinati. Infine, il futuro della circolazione extracorporea deve passare attraverso una semplificazione dei circuiti e un’automatizzazione della maggior parte delle funzioni assicurate dalla circolazione extracorporea.
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La circolazione extracorporea “consente al chirurgo di effettuare interventi mirati a risolvere delle patologie mentre il cuore è fermo ed esangue, a polmoni fermi, ma facendo comunque circolare il sangue e mantenendo irrorati e perfusi gli organi e i tessuti. La circolazione extracorporea e i relativi macchinari vengono gestiti da tecnici sanitari specializzati e appositamente formati, i Perfusionisti, che fanno parte dell’équipe medico-chirurgica” ha spiegato il Dott. Alessandro Fiorentino, Tecnico Perfusionista e Responsabile del Servizio di Perfusione di Città di Lecce Hospital, su gvmnet.it.
“Nelle fasi centrali delle procedure chirurgiche, – spiega sempre il Dott. Fiorentino, – il circuito extracorporeo viene collegato sterilmente al paziente con delle cannule e dei tubatismi nei quali convergono il sangue venoso e il sangue refluo, che vengono spinti e fatti circolare da un propulsore a rulli o a forza centrifuga attraverso un compartimento ossigenante. Questo componente del circuito extracorporeo ha lo scopo di sostituire la funzione di ossigenazione del sangue nei polmoni e di ricreare la condizione presente negli alveoli polmonari, in cui avvengono gli scambi gassosi. Qui il sangue, scorrendo al di là di una membrana semipermeabile, dove nel lato opposto passa una miscela di gas, cede anidride carbonica e si carica di ossigeno, che sarà trasmesso a organi e tessuti. Il sangue è poi fatto rientrare nell’albero vascolare arterioso del paziente, regolando i flussi affinché siano sempre nella norma i parametri vitali (pressione arteriosa, livelli di emoglobina, disponibilità di ossigeno nelle giuste pressioni e percentuali a cui questo viene ceduto ed estratto dai tessuti, livello di pH del sangue, elettroliti, glicemia, e temperatura corporea)”.
“Si tratta di una metodica che necessita di anestesia generale e di eparinizzazione completa. Il contatto del sangue non adeguatamente eparinato con l’aria e con le superfici artificiali dei vari componenti del circuito extracorporeo, infatti, stimolerebbe ulteriormente l’attività emocoagulativa, rendendo impossibile lo svolgimento di tutte le procedure chirurgiche legate a queste metodica di assistenza meccanica. La circolazione extracorporea necessita soprattutto di una gestione attenta alla risoluzione di problematiche spesso legate alla condizione di partenza dei pazienti interessati e alla complessità delle procedure, oltre che a eventuali imprevisti meccanici, propri dell’alto livello tecnologico dei macchinari” ha detto lo specialista.
Attualmente, lo sviluppo clinico e ingegneristico della circolazione extracorporea persegue i concetti di miniaturizzazione (riduzione della lunghezza totale del percorso artificiale che il sangue è obbligato a compiere), di biomimesi e di biocompatibilià (la ricerca e l’industria puntano allo sviluppo di tecnologie e materiali che tendono a riprodurre le strutture biologiche e a prevenire reazioni dannose per l’organismo). Queste innovazioni sono fondamentali al fine di ridurre l’invasività dei circuiti.
Fonti: gvmnet.it; humanitas.it; sciencedirect.com
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