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“Cari giovani che vi bevete la vita, vi porterei con me, quando inietto la morfina per lenire il dolore di un malato di cancro”

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“Cari giovani che vi bevete la vita, vi porterei con me, quando inietto la morfina per lenire il dolore di un malato di cancro
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La lettera scritta da un infermiere del 118 di Trani, Rino Negrogno per sensibilizzare i giovani ad avere rispetto per la propria vita è diventata rapidamente virale sui social network.

Di seguito è possibile leggerla in versione integrale:

“Cari giovani, perlopiù minorenni, che spesso avete più cultura di quanta ne avessimo noi, certamente più avvezzi alla tecnologia, sembrate più svegli e conoscete già i trucchi della vita mentre noi, alla vostra età, credevamo ancora nelle favole e non avevamo idea di cosa fosse un smartphone; conoscete già a menadito i segreti del sesso e lo praticate senza darci più di tanta importanza, mentre noi, al massimo, ci emozionavamo del bacio con la lingua; fate tardi la notte perché noi genitori non abbiamo più il coraggio di non allinearci a chi non stabilisce l’orario improrogabile per tornare a casa, mentre per noi era un traguardo, raramente raggiungibile, accompagnare la fidanzata all’orario concesso occasionalmente a Cenerentola.

Nonostante tutto quel che avete e che sapete, bevete fino a ubriacarvi, fino a svenire e a vomitarvi addosso, sul vostro volto angelico, sulle unghie variopinte e sui capelli vigorosi e spesso lo fate solo perché siete in compagnia, perché quando i vostri genitori sgomenti giungono al pronto soccorso ci assicurano che a casa non bevete mai nemmeno il vino. Fumate, come ho fumato anch’io, ma quando ho cominciato io, per mia sfortuna, l’ignoranza era tale che si pensava non facesse poi così male, si fumava ovunque, non ci crederete, anche nel cinema e nei film, nel ristorante, nel treno, perfino in ospedale e, siccome non si sapeva che il fumo, anche quello passivo, provocasse il cancro, si fumava anche in presenza di bambini e donne incinte, e noi a sedici anni non potevamo che fumare per sentirci grandi e far colpo sulle ragazze, per essere uomini veri, per seguire l’esempio.

Ma noi eravamo stupidi, non lo sapevamo, voi invece lo sapete, per voi è diverso, ed è questo che non riesco a comprendere, mi fa impazzire di rabbia; siete colti, avete la tecnologia sempre a portata di mano, finalmente abbiamo capito che fumare e bere porta inesorabilmente alla morte e, peraltro, in modo atroce eppure vengo a prendervi ubriachi, incoscienti, pieni di vomito, vuoti di dignità e i vostri amici, che sono un po’ meno ubriachi di voi, intanto che vi soccorro, mi fumano intorno con l’aria da donne e uomini vissuti, come se nulla di grave fosse accaduto. Vi porterei con me, almeno una volta, quando inietto la morfina per lenire appena un po’ il dolore, perché per i malati di cancro ai polmoni dopo tante piacevoli sigarette o al fegato dopo quelle sbronze in riva al mare mentre cadono le stelle o nei locali dove scriteriati vi versano da bere sebbene siate minorenni, non vi è più nulla da fare.

Tra l’altro mentre l’ambulanza del 118 si sta prendendo cura di voi ubriachi perché lo avete voluto, qualcuno potrebbe avere un infarto e dover attendere un’ambulanza proveniente da un’altra città, ma questo è un altro problema. Cambiate, correggete i nostri errori, oltre i vostri, siate voi le stelle, ma senza cadere. Stanotte (ieri l’altro, ndr) quando, più che le stelle, ho visto voi cadere ubriachi, incoscienti e immersi nel vostro vomito, voi che siete le nostre stelle migliori, ho espresso comunque un desiderio. Esauditelo”.

Dott. Simone Gussoni

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