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Carenza di medici nei pronto soccorso friulani: Asu FC “chiama” specializzandi e pensionati

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Dopo la “call” rivolta agli specializzati o ai dottori con esperienza di almeno sei mesi nei reparti dell’area di emergenza o di terapia intensiva, l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale fa un altro tentativo per ampliare la platea dei possibili interessati a contratti di libera professione.

Ricorrere anche agli specializzandi al penultimo o all’ultimo anno e ai medici in pensione. Questa la strada che l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale (Asu FC) ha scelto di imboccare per per far fronte alla carenza di personale medico nei pronto soccorso del territorio, ampliando così la platea dei possibili interessati a contratti di libera professione. Con la promessa di compensi molto allettanti, tra l’altro: si parla di 85 per gli universitari e di 100 euro all’ora per i medici in quiescenza.

Una scelta che fa seguito alla precedente “chiamata” di medici specializzati o con esperienza di almeno sei mesi nei reparti dell’area di emergenza o di terapia intensiva (con bando del 5 settembre e valido fino al 31 dicembre), alla quale avrebbero risposto almeno in cinque. Due di questi, tuttavia, non sarebbero in possesso dei requisiti richiesti, mentre altri tre, ritenuti idonei, dovrebbero instaurare rapporti di lavoro autonomo con l’Azienda.

Ovviamente non è bastato per sopperire alle “importanti carenze di organico”, con “particolari criticità” all’ospedale di Latisana (Udine). E così Aus FC punta ora a reclutare altri professionisti per garantire le esigenze assistenziali “stringenti e indifferibili dei pronto soccorso aziendali”. La nuova soluzione, però, non convince Anaao FVG, che chiede di insistere invece sui bonus in busta paga per invogliare i medici a lavorare nel campo dell’emergenza e nelle aree più disagiate.

“In Valle d’Aosta – ricorda Massimiliano Tosto, segretario del sindacato medico – danno un bonus di 800 euro puliti in busta paga per chi decide di lavorare lì. Penso sia l’unica soluzione. Cambiare modo di lavorare? Sì, ma se non rimpingui gli organici, come fai? Purtroppo, soprattutto in certi ospedali e in certi reparti, si è cronicizzata la carenza di organico e non si riescono a reclutare altri medici”.

La strada, secondo Tosto, è allora quella già tracciata con l’intervento regionale che ha fissato in 100 euro la tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive dei medici e in 50 euro quella per gli infermieri dei servizi di emergenza-urgenza. “Siamo capofila a livello nazionale. All’interno di Asu FC gli ospedali di Tolmezzo e Latisana, più periferici, sono quelli che hanno più difficoltà di reclutamento. Io avevo già lanciato l’idea di usare il fondo del disagio per dare un bonus a chi sceglie di lavorare in aree disagiate”.

Anche a Palmanova, dove Tosto lavora, “nell’ultimo anno sono andati via tre medici dal Pronto soccorso, e adesso l’ospedale non riesce più a coprire le falle di Latisana”. Prosegue il sindacalista: “Il problema non è legato al numero chiuso di Medicina. I medici che scelgono di specializzarsi in Medicina d’urgenza sono pochi. Spesso i posti vanno deserti. I colleghi vedono come si lavora in questi reparti e vanno a fare altre specialità più tranquille. Anche Anestesia sta calando. Bisogna cercare di tenere gli universitari fino alla fine del percorso e di invogliarli a seguire le specialità meno ambite”.

Aggiunge Valtiero Fregonese, vicesegretario di Anaao FVG: “Il contesto in cui nasce l’ultimo decreto di Asu FC è la deregulation assoluta in cui si dibatte attualmente la sanità pubblica. In Calabria assumono 500 medici cubani, in Puglia vogliono prendere professionisti albanesi, da noi hanno fatto un provvedimento per cui possono essere presi anche professionisti con un titolo di studio non riconosciuto. Se ne sono viste di ogni. Questo è il frutto di almeno dieci anni di politiche fallimentari in ambito sanitario”.

Redazione Nurse Times

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