L’iniziativa qualifica il Centro Cardiologico milanese come uno dei pochi in Italia capace di diagnosticare e trattare le principali forme di malattie cardiache ereditarie.
Il Centro Cardiologico Monzino ha avviato un nuovo programma di cardiogenetica, coordinato dalla dottoressa Valeria Novelli, esperta del settore e affiancata da un gruppo multidisciplinare dedicato di cardiologi e ricercatori del Centro che compongono il Genetic Heart Team. Strutturato con un servizio di visite ambulatoriali e un laboratorio di ricerca altamente specializzato, il programma offre un percorso diagnostico e terapeutico per pazienti con sospetta aortopatia, cardiomiopatia e canalopatia su base ereditaria.
Il programma qualifica il Monzino come uno dei pochi centri in Italia capace di diagnosticare e trattare le principali forme di malattie cardiache ereditarie. Si tratta di malattie rare, di cui si parla quasi esclusivamente quando colpiscono i giovani atleti agonisti. Eppure non sono rarissime: si stima, ad esempio, che la sindrome QT lungo colpisca un giovane su 2mila. Inoltre queste malattie potenzialmente letali hanno il 50% di possibilità di essere trasmesse alla prole.
Il test cardiogenetico è l’arma per un corretto approccio al paziente con un sospetto di malattia cardiaca ereditaria: non solo può salvare la vita del paziente stesso, ma permette di stabilire nei famigliari il potenziale rischio di sviluppo di malattia, avviando percorsi diagnostico-terapeutici e/o di sorveglianza attiva dedicati.
“Attualmente al programma afferiscono più di 300 pazienti già in cura al Monzino – spiega la dottoressa Novelli –, a cui viene offerta, come primo approccio, una consulenza cardiogenetica per valutare il rischio di sviluppare malattie cardiache che si trasmettono su base ereditaria o, viceversa, le probabilità di trasmettere una malattia cardiaca ereditaria ai propri familiari. Nel caso in cui ci sia un sospetto clinico, si suggerisce al paziente l’esecuzione di un test genetico mirato e gli si spiegano i vantaggi ed i limiti del test a cui verrà sottoposto, con un semplice prelievo di sangue”.
Continua Novelli: “Il test genetico potrebbe dare differenti risultati: rilevare una variante chiaramente benigna o maligna, ma anche rilevare una variante di significato incerto. Nel caso in cui l’analisi del Dna dovesse confermare la presenza di una variante patogenetica, il paziente verrà avviato a una terapia profilattica, che in alcuni casi può consistere nell’impianto di un loop recorder (un dispositivo che viene impiantato sottopelle per registrare il ritmo cardiaco in continuo) o di un defibrillatore impiantabile”.
E ancora: “In caso di una variante di significato incerto il collegamento sinergico fra ambulatorio e laboratorio di ricerca è essenziale: il paziente continua a rimanere in contatto con il nostro Istituto e viene tenuto aggiornato sull’eventuale riclassificazione della variante genetica. La scienza in questo campo progredisce molto rapidamente. Diversamente, in caso di test genetico negativo, non possiamo escludere la presenza della malattia, in quanto alcuni geni associati a queste patologie sono ancora in fase di studio. Per tale motivo, al Monzino rivalutiamo ogni anno i pazienti con test genetico negativo per sottoporli a ulteriori indagini genetiche, qualora ci fossero nuove scoperte”.
Ecco perché è importante eseguire il test genetico in strutture specializzate nella loro diagnosi e trattamento, che possano seguire i pazienti dal sospetto clinico, con l’esecuzione del test e la comunicazione del risultato. Il tutto al fine di offrire il trattamento più appropriato.
Redazione Nurse Times
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