”La recente Pandemia da Covid19 ci ha ricordato quanto sia importante l’attività di promozione della salute e di prevenzione con il coinvolgimento di tutte le figure professionali.
Riteniamo sia necessario ripensare non soltanto il sistema, ma anche i ruoli – scrive Giuseppe Carbone, Segretario Generale della FIALS in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e al Ministro della Salute Roberto Speranza- bisogna allora, avere il coraggio di superare quelle lotte intestine tra professioni, che hanno avuto solo il merito di arrestare lo sviluppo del nostro SSN.
“La malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) ha imposto le chiusure delle scuole in tutto il mondo e la sfida della riapertura non è facile, una serie di nuove norme saranno fattori di stress per studenti, famiglie, personale scolastico e comunità” scrive il Segretari Generale.
Per la FIALS utilizzare le competenze degli infermieri nelle scuole, servirebbe ad avere fonti critiche e attente, basate sull’evidenza scientifica, per valutare gli effetti della riapertura, come pure quelli educativi, sociali, emotivi e comportamentali conseguenti al COVID-19, su bambini e adolescenti.
“Un infermiere scolastico, almeno uno per istituto comprensivo, significherebbe mettere in atto strategie per la prevenzione dell’infezione, ma anche intervenire in caso di improvvisi eventi sanitari, diffondere la conoscenza e l’abilità in materia di primo soccorso.
L’infermiere a scuola sarebbe vitale per affrontare tematiche quali metodi contraccettivi, prevenzione di malattie trasmissibili sessualmente, tabagismo, uso di sostanze stupefacenti, sappiamo quanto l’adolescenza sia un periodo delicato in cui è facile prendere decisioni sbagliate o non essere in grado di esprimere o gestire emozioni negative.
L’infermiere ha la competenza per identificare nuovi focolai, mettere in atto le prime misure di contenimento e di effettuare immediatamente esami di controllo (i tamponi). Sarebbe essenziale per un rientro sicuro e tempestivo post-COVID19 a scuola / lavoro” fa notare Carbone.
La FIALS ritiene che sia ormai d’obbligo l’attivazione di nuovi modelli assistenziali che superino la logica prestazionale e che garantiscano la “presa in carico” della persona.
“Si guardi alle esperienze positive e ai risultati conseguiti in alcune Regioni, come nel territorio della Bassa Friulana dove da tempo si sta sperimentando la presenza dell’infermiere di comunità”.
E’ arrivato il momento di dare attuazione a quanto sancito dal Patto per la Salute 2019/2021 e ripreso ora dal decreto Rilancio Italia.
Tuttavia, lo stanziamento economico del Piano Nazionale di Prevenzione 2020-2025, invariato rispetto all’intesa Stato Regioni del 2005 e l’assunzione di soli 9600 infermieri (con un rapporto di 8 ogni 50 mila abitanti) a fronte di una carenza cronica di 50mila infermieri, certo non sono la panacea di un settore della sanità, quello del territorio, da troppo tempo sotto-finanziato.
E’ lo stesso Istituto Superiore di Sanità a dire che promozione e prevenzione devono essere incentrate su azioni congiunte e in questa logica di “cure di comunità” in cui Istituzioni e società civile si incontrano collaborativamente per sostenere chi è nel bisogno, si colloca il modello assistenziale “infermiere di comunità”.
Per la FIALS la figura dell’infermiere scolastico dovrebbe essere dipendente del SSN, all’interno dei distretti sanitari e si connoterebbe come un incarico di professionista esperto/specialista, così come previsto dall’art. 16 del CCNL 2016-18, valorizzando la formazione universitaria successiva alla laurea in grado di abilitare il professionista a svolgere funzioni con assunzione diretta di elevate responsabilità più complesse e specialistiche rispetto a quelle di base. Il suddetto incarico, in analogia a quelli gestionali dovrebbe esser svolto su obiettivi di salute e conseguenti programmi di tutela di salute.”
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Redazione Nurse Times
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