Riceviamo e pubblichiamo una lettera scritta da Francesco, nostro collega e lettore.
Ciao, sono Francesco e faccio di professione l’infermiere. Sì, l’infermiere, uno di quegli esseri indispensabili ma invisibili. Se vi scrivo è per segnalarvi l’ennesima ingiustizia che nel totale silenzio si sta consumando nei miei confronti e in quello di 46 ragazzi e ragazze come me.
È importante partire dal contesto dal quale vi scrivo: la Calabria. Una terra bellissima, piena di di brave persone, ma anche terra di soprusi, corruzione e malasanità. Nel mese di aprile, in piena pandemia, io e i miei colleghi veniamo assunti da una azienda sanitaria provinciale, l’Asp Catanzaro, per fronteggiare la carenza cronica di personale nei reparti di emergenza-urgenza, 118 e altro.
Decidiamo di accettare un contratto a termine, lasciando tutti lavori a tempo indeterminato in altre aziende ospedaliere o strutture sanitarie private. Lo facciamo nell’intento di aiutare la nostra terra e convinti che, dopo anni di commissariamento sanitario e dopo il nuovo insediamento del consiglio regionale (che durante la campagna elettorale, e anche dopo, ha portato come cavallo di battaglia il tema della sanità e del suo risanamento), anche noi avremmo avuto il giusto riconoscimento come professionisti.
Mi sbagliavo – ci sbagliavamo -, perché l’Azienda, per noi, aveva già deciso. Deciso di non rinnovarci il contratto e di sostituirci con una procedura di mobilità intra/extra regionale. A nulla è servito chiedere di assumere entrambi i gruppi, vista la cronica carenza di personale nella regione. A nulla è servito far presente che in Calabria non vengono neanche rispettati i Lea (livelli minimi di assistenza, previsti per legge). A nulla è servito perché a comandare sono i soldi e i tornaconto personali.
Ci chiediamo dove sono finite le promesse sbandierate ai tempi delle prime ondate dagli esponenti del Governo e della politica italiana circa la stabilizzazione dei precari, degli “eroi”, degli “angeli”. Anche da parte loro è iniziata una gara al ribasso, con limiti per l’accesso alla stabilizzazione quasi impossibili da raggiungere. Infatti, se inizialmente si parlava di avere svolto almeno sei mesi al 31/12/21 nel periodo Covid, adesso stanno approvando un decreto che prevede l’effettuazione di almeno 18 mesi (di cui ne bastano sei nel periodo Covid) entro giugno 2022.
Praticamente si premia chi già lavorava nella pubblica amministrazione, anche in reparti non Covid, e ci si dimentica di chi invece, per aiutare gli ospedali in sofferenza, ha lasciato incarichi in altre aziende ospedaliere o strutture private. Vi chiediamo di aiutarci a evitare che tutto questo si compia, nel pieno silenzio della stampa e dell opinione pubblica. Aiutateci a condividere, nella speranza che qualcuno si accorga di noi. Noi, “eroi”… a tempo determinato. Noi, “angeli”… usa e getta.
Redazione Nurse Times
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