Riceviamo e pubblichiamo le testimonianza di un collega che presta servizio in una Cra del capoluogo emiliano.
Sono giovane, desideroso di imparare e di migliorarmi ogni giorno come professionista. Lavoro come infermiere da qualche anno presso una Cra di Bologna. Fiore all’occhiello, si dice, della sanità italiana. Ma le condizioni in cui uno è costretto a lavorare sono a dir poco raccapriccianti. Durante alcuni turni, da piano di lavoro, l’infermiere è costretto a fare le alzate dal letto alla carrozzina, a curare l’igiene e i bagni degli ospiti, che non sono per nulla critici, ma semplici utenti geriatrici che l’oss è in grado di gestire in autonomia. Inoltre l’infermiere provvede alle idratazioni degli ospiti e, successivamente, alle messe a letto degli stessi dopo la cena.
Il tutto avviene in coppia con l’oss (a parte il momento delle idratazioni, quando l’infermiere, invece di svolgere i propri compiti, provvede anche a fare la sorveglianza). Spesso l’emergenza sanitaria viene affrontata con fretta e superficialità, come anche la lettura delle consegne individuali e delle cartelle cliniche degli utenti, perché “la parte assistenziale deve comunque andare avanti”. Inoltre, durante i Pai, l’infermiere non gioca un ruolo chiave, ma si limita a compilare la braden, dato che il Pai è presieduto dal raa (responsabile attività assistenziali). E poi gli spostamenti degli ospiti da un nucleo all’altro spesso vengono spesso decisi dai raa.
Purtroppo la ras che dovrebbe far valere i nostri diritti non ha una personalità forte e nemmeno una consapevolezza del ruolo, per cui si fa mettere i piedi in testa da questi “oss con un attestato in più degli altri”. Per fare un esempio concreto: mentre l’animatrice gioca a tombola con gli ospiti, l’infermiere è costretto a fare il cameriere, servendo bevande; oppure, mentre l’infermiere fa le alzate e l’igiene, il raa sta chiuso nel suo ufficio. Inoltre, per la maggior parte del tempo, gli oss controllano ciò che fa l’infermiere: quando fa pausa, quando va in guardiola, quando usa il telefono, riferendo tutto al raa e, in alcune occasioni, prendendo decisioni in autonomia, come mettere a letto un ospite oppure, durante una emergenza, chiamando il raa piuttosto che l’infermiere, chiedendo che venga somministrato quello piuttosto che quell’altro e guardando chi deve essere purgato.
Il coordinatore di struttura non ha chiare le competenze dell’infermiere, conoscendo la realtà dei fatti, ma non facendo nulla per cambiarla. Chiediamo che qualcuno controlli queste realtà e che vengano presi i provvedimenti necessari, in quanto, se uno prova a far valere il proprio pensiero, rischia il licenziamento o è costretto lui stesso a licenziarsi. Infermieri laureati e in possesso di master che non possono partecipare agli staff come fanno i fisioterapisti, ma che attendono notizie dalla ras, mentre i raa prendono le decisioni “importanti” nella struttura. Inoltre il ruolo non viene rispettato dagli stessi oss, che, vedendo ciò che l’infermiere fa, non comprendono che la nostra figura ha compiti diversi e ci considerano come pari. Credendo di farci un favore nel mettere a letto qualcuno a cui deve essere fatto un clistere, oppure qualcuno che ha l’urgenza di mettere il catetere vescicale, se la prendono con comodo.
Spesso, poi, durante la visita medica, secondo i criteri folli della struttura, noi infermieri dobbiamo chiedere al raa se qualcosa va posto all’attenzione del medico (e non il contrario). Inoltre il medico fa spesso riferimento al raa piuttosto che all’infermiere. Insomma, è tutta una gran confusione. Spero vivamente che l’Opi di Bologna si organizzi per ispezionare le realtà dove si è costretti a lavorare in queste condizioni.
Firmato: Un infermiere stanco di tutto ciò
Redazione Nurse Times
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