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Batterio killer a Verona: la Procura acquisisce i video choc realizzati da una mamma

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Verona, batterio killer in ospedale: 3 morti sospette tra i neonati
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Francesca Frezza, madre della piccola Nina, racconta di aver documentato col telefonino le gravi carenze ravvisate nel reparto di Terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Borgo Trento.

Sono immagini destinate a far discutere, quelle riprese lo scorso anno col telefonino nel reparto di Terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Borgo Trento. Immagini acquisite dalla Procura di Verona, che ha aperto un’indagine sul Citrobacter, il batterio killer che ha infettato un centinaio di neonati fragili e con patologie complesse, risultando letale quattro di loro.

Nei video si vedono un medico entrare in reparto senza mascherina, succhiando un lecca lecca, e un fattorino entrare senza sovracamice, calzari né guanti sterili e consegnare un plico al banco della caposala che firma la ricevuta. E poi alcuni genitori entrare parlando al telefonino e portando con sé borse e sacchetti, senza mascherina, senza sovracamici né calzari, e senza sanificarsi le mani. Altri, stando alle foto scattate di nascosto, aprono le finestre per fumare, senza che nessuno dica nulla.

“Li ho registrati io, quei video – dichiara Francesca Frezza, la mamma che con la sua denuncia ha portato alla luce lo scandalo sanitario, nel corso di un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano –. Io stessa ho fatto le foto, che ho consegnato parecchi mesi fa ai magistrati. Quando ho deciso di portar via Nina da Verona mi sono detta che avrei dovuto documentare tutto quello che vedevo. Una settimana prima di andare via da Verona e portare mia figlia Nina a Genova sono andata a parlare con la caposala. Le ho detto tutto quello che avevo visto, che secondo me non andava. Nessuna risposta da parte sua. Però quelle prove le ho portate ai magistrati”.

Aggiunge Francesca: “Avrei dovuto capirlo fin dal principio in quali condizioni erano tenuti i piccoli pazienti nel reparto di Terapia intensiva neonatale. Ma la mia unica preoccupazione era per Nina, per la sua salute, per la diagnosi che avevano appena fatto. Avrei docuto capirlo perché, quando suonai e mi aprirono la porta per la prima volta, non venne nessuno. Dissi: ‘Sono la mamma di Nina’, ma nessuno si preoccupò di spiegarmi cosa avrei potuto fare o non fare, quali regole rispettare. Fui io a cercare la stanza dove erano i camici, le sovrascarpe, i guanti, il liquido per disinfettarsi le mani. Entrai, mi vestii e andai da Nina”.

Dopo alcuni mesi Francesca portò la figlia al “Gaslini” di Genova. “E ricevetti un trattamento completamente diverso – racconta –. Quando arrivai per la prima volta il caposala mi ricevette e mi spiegò tutto ciò che avrei dovuto fare. Tra le altre cose mi consegnò una busta sterile, in cui avrei dovuto mettere il cellulare quando ero nel reparto”.

Nel frattempo sono arrivate le sospensioni cautelari del direttore sanitario, del direttore medico ospedaliero e del direttore di Pediatria.
“Ma secondo me non è tutto – il commento di Francesca –. Perché il reparto di Microbiologia non è stato toccato? Sono stati loro a fare le analisi e, accertando situazioni così numerose di contaminazione da Citrobacter, avrebbero dovuto segnalarlo. Io non posso dire se e cosa abbiano segnalato. Ma ragiono: se un laboratorio certifica, in un determinato arco di tempo, un numero così grande di bambini infetti, chi effettua le analisi dovrebbe preoccuparsi”.

E ancora: “Cosa hanno fatto a Microbiologia quando hanno registrato gli esiti degli esami sui bambini? Hanno segnalato ai responsabili del reparto? A quali altri responsabili dell’ospedale hanno inviato le informazioni? Hanno segnalato il fatto all’unità di crisi? E chi è entrato in possesso di quelle informazioni? Cosa ne hanno fatto?”.

Una conferma della situazione denunciata da Francesca Frezza arriva da un’altra intervista, stavolta televisiva – anche questa cassetta è stata acquisita dalla Procura -, rilasciata da Elisa, madre di Alice, bimba deceduta lo scorso 16 agosto, cinque mesi e mezzo dopo la nascita: “Alice è venuta al mondo alle 23 del 4 marzo, e all’una di notte era già in Terapia intensiva neonatale. Le hanno fatto i tamponi e sono risultati negativi ai batteri: era sana. Poi, però, le è stato riscontrato il Citrobacter, che le ha mangiato il 70 percento del cervello. Chiedevo ai medici se fosse successo ad altri bambini. Non avendo risposte da loro su quanto sarebbe accaduto ad Alice, speravo di confrontarmi con genitori alle prese con lo stesso problema. Mi hanno detto che non ne esistevano altri. Invece, parlando tra mamme nella stanza del tiralatte, ho scoperto che c’erano bimbi contagiati dal Citrobacter: chi da dicembre 2019, chi da gennaio 2020, in condizioni più o meno gravi. Ne ho contati una trentina e ho saputo che, quando hanno ricoverato Alice, l’hanno messa in camera con quattro piccoli colpiti dal batterio. Perché non li hanno isolati?”.

La procura della Repubblica non ha ancora iscritto nessun nome nel registro degli indagati. Al momento c’è solo l’ipotesi di reato: omicidio colposo plurimo e lesioni gravi, commessi in ambito sanitario.

Redazione Nurse Times

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