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Avellino, bloccata l’indennità di disagio per infermieri e oss del Pronto soccorso

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Trapianto di midollo: caposala del "Moscati" di Avellino premiato dal Gitmo
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Per la Regione non si può attingere dal fondo annuale di premialità, destinato a tutto il personale del “Moscati”, e non a un singolo reparto. È bagarre tra le parti in causa.

Stop all’aumento di stipendio per gli operatori del Pronto soccorso di Avellino. La Regione impone il passo indietro e blocca il provvedimento con il quale, alla fine di gennaio, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera “Moscati”, Angelo Percopo, aveva concesso agli infermieri e agli operatori sociosanitari 15 euro di maggiorazione per i turni diurni e 30 per il notturno (complessivamente, circa 400 euro lordi in più in busta paga da gennaio a marzo).

Palazzo Santa Lucia, sconfessando dunque il manager della struttura, avrebbe sollevato una questione di merito rispetto alla delibera sulla cosiddetta indennità di disagio, in quanto l’Azienda avrebbe manifestato la volontà di coprirla attingendo al fondo annuale di premialità, che è destinato a tutto il personale e non può quindi essere riservato a quello di un solo reparto.

Contestata sin da subito – considerata «una mancia» e «un’offesa alla dignità dei lavoratori» dal coordinatore dell’Unione sindacale di base (Usb), Vito Storniello -, l’indennità aggiuntiva era stata concessa ai 26 infermieri e ai 12 oss del Pronto soccorso in un momento di profonda crisi: più di 100 accessi al giorno, con la struttura perennemente congestionata. Una crisi culminata nell’aggressione di una dipendente addetta al triage.

«Non era certo questo il modo di affrontare e risolvere una problematica così delicata – sostiene Licia Morsa, segretario generale della Funzione pubblica Cgil –. 115 o 30 euro in più a turno non possono neutralizzare la fatica e lo stress di chi lavora in un contesto così difficile, e nemmeno servono a restituire ai cittadini un servizio adeguato».

La Cgil, sul punto, ha subito sollevato perplessità. «Abbiamo attaccato la direzione generale – ricorda Morsa –, sostenendo che per questa indennità non si poteva attingere al fondo annuale di premialità. A quanto pare avevamo ragione. Inoltre abbiamo chiesto di congelarne l’effetto perché si trattava di un provvedimento unilaterale. In quel momento la nostra è stata una presa di posizione impopolare, ma col senno di poi possiamo affermare e ribadire le nostre ragioni. Adesso riprenderemo un dialogo con i vertici dell’azienda per giungere a una soluzione finalmente condivisa».

La posizione è ribadita dall’omologo della Cisl, Antonio Santacroce: «II denaro non cancella in un solo colpo le ataviche criticità di un reparto sempre più oberato a causa della carenza di organico. Quindi sarebbe stato l’ennesimo errore perseguire la strada del pagare per risolvere. Una strada, tra l’altro, mortificante per gli operatori e pericolosa pure per gli utenti».

E sullo stop imposto da Napoli, Santacroce osserva: «Ancora una volta l’Azienda “Moscati” è costretta a subire passivamente le decisioni regionali: segno che manca una capacità di gestione. Ciò preoccupa perché, oltre al futuro dei lavoratori, è in gioco la salute dei cittadini».

Sul piede di guerra anche i paramedici non sindacalizzati, la maggior parte in Pronto soccorso, che hanno sostenuto più volte di non voler essere strumentalizzati dalle sigle: «Parlano a nome di tutti, ma non rappresentano quasi nessuno: le relazioni col management le gestiamo da soli. Chissà perché soltanto adesso si ricordano di noi».

Nella delibera diventata pomo della discordia (che dovrebbe essere revocata in giornata con la pubblicazione nell’Albo pretorio dell’ente), il direttore generale Percopo riconosceva “le difficoltà operative e le condizioni di disagio nelle quali svolgono la propria attività gli infermieri e gli oss assegnati al Pronto soccorso, a motivo sia della carenza di personale che della particolare pressione ambientale derivante dallo svolgimento di mansioni in un ambito operativo di particolare e costante emergenza”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Mattino

 

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