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‘Attimi di noi’. Storie di adolescenti con tumore: la testimonianza di Benedetta

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‘Attimi di noi’. Storie di adolescenti con tumore: la testimonianza di CLAUDIA (2^ Parte)
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Riprendiamo il nostro viaggio all’interno della raccolta “Attimi di noi” storie di adolescenti con tumore, supportati dall’associazione di volontariato ‘Adolescenti e cancro’, a cui il nostro giornale vuole dare ampia visibilità riprendendo ognuna delle 19 storie, presentate da giovani adolescenti, ragazzi che hanno deciso di far conoscere la storia della loro vita dal momento in cui hanno scoperto di avere un tumore. 

Che cosa vuol dire avere sedici, diciotto o vent’anni e sentirsi dire “hai il cancro”? Che ripercussioni può avere su un giovane, una diagnosi ricevuta da bambino?

Quella che vi proponiamo oggi è la storia di BENEDETTA.

Tutto iniziò un lunedì mattina, il dieci dicembre 2012, con un semplice prelievo del sangue, perché dovevo asportare una seconda parte di un neo. Feci il prelievo e tornai a scuola. All’uscita trovai i miei genitori che mi dissero che avrei dovuto recarmi al Pronto Soccorso per ulteriori accertamenti; capii subito che c’era qualcosa che non andava, e che doveva trattarsi di qualcosa di molto importante.

Arrivati al Pronto Soccorso, fummo accolti dalla dottoressa di turno che mi fece nuovamente i prelievi, mi visitò e ci disse di attendere la responsabile del reparto di Oncoematologia Pediatrica della mia città e mi dissero che dovevo essere ricoverata. Nel frattempo mia mamma andò a casa a preparare l’occorrente per il ricovero.

Da quel momento iniziò un periodo molto duro e pesante; la mia diagnosi era LAM: leucemia mieloide acuta. Il mio protocollo prevedeva quattro cicli molto forti di chemioterapia con trapianto a seguito. Dopo alcuni giorni i miei genitori decisero di comunicarmi il tutto assieme ai medici del reparto; avevo tredici anni e frequentavo la terza media.

A quell’età nessun adolescente può soffermarsi a pensare di dover affrontare un periodo così difficile. Il primo pensiero per noi ragazze é quello della perdita dei capelli: quando entri in quel reparto, trovi molti ragazzi e bambini senza capelli, all’inizio ti sembra di essere in un altro pianeta, poi là dentro ti accorgi che siamo tutti uguali.

Misi su quasi immediatamente il CVC e iniziai con le terapie: i primi cicli furono devastanti con molti effetti collaterali e non tralasciai niente. Rimasi ricoverata per quasi cinque mesi e andavo a casa uno/due giorni il mese; per fortuna nel reparto di Oncoematologia Pediatrica c’era la scuola in ospedale, questo mi ha aiutato molto sia nel distrarmi sia nel proseguire gli studi.

Ad aprile 2013 finalmente fui dimessa in attesa del trapianto, nonostante andassi quasi tutti i giorni in Day Hospital. Finalmente potei riabbracciare la mia adorata sorellina. Durante questa permanenza le mie prof. vennero a casa per preparami agli esami di terza media.

Il ventinove maggio fui ricoverata per la preparazione al trapianto. Purtroppo i miei genitori e mia sorella non erano compatibili con me, così mi misero in banca dati alla ricerca di un donatore compatibile, del mio donatore so solo che é maschio, giovane e di origine tedesca.

Prima del trapianto di midollo osseo, avvenuto il sette giugno 2013, fui sottoposta a una chemioterapia molto forte, in quei giorni feci anche gli esami di terza media. Gli effetti collaterali arrivarono in fretta e furono molto pesanti; ebbi di tutto e di più e, avendo le difese immunitarie azzerate, si attivarono moltissimi virus.

Finalmente il trenta luglio fui dimessa e stavo così e così. Ero esausta e non ne potevo più di stare isolata da tutto il mondo esterno a causa della mia debolezza. Nelle settimane seguenti andavo sempre in Day Hospital per controlli e antibiotici a causa dei virus.

Il venti agosto fui ricoverata nuovamente per broncopolmonite e vari virus, rimasi là per circa un mese; durante quel periodo cominciai a stare un po’ meglio e il pomeriggio andavo a fare i lavoretti in sala giochi, dove c’erano i volontari e gli altri compagni di “viaggio”.

Devo dire che questo reparto posso considerarlo come una seconda casa perché i medici e gli infermieri sono molto umili e cercano di non far pesare tutto quello che dobbiamo affrontare là dentro. Il mio percorso durò ancora molti mesi, però fortunatamente riuscii a gestire il tutto in Day Hospital.

Nel frattempo iniziai la prima superiore, un po’ in Day Hospital e un po’ a casa, e riuscii a concludere l’anno con buoni risultati. La seconda superiore riuscii a frequentarla normalmente; quest’anno 2015/2016 andrò in terza superiore. La mia vita é cambiata perché innanzitutto ho preso più sicurezza in me stessa, con l’esperienza che ho avuto certe banalità non mi fanno più paura e quando vedo o sento certi coetanei che si lamentano per delle sciocchezze mi dico tra me e me che non sanno neanche il vero valore della vita.

Giuseppe Papagni

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