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Attentato di Las Vegas, le testimonianze dei soccorritori: “Migliaia di corpi a terra, abbiamo cercato di salvare più persone possibile”

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Attentato di Las Vegas, le testimonianze dei soccorritori "Migliaia di corpi a terra, abbiamo cercato di salvare più persone possibile"
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Il turno di notte del Paramedico Dean Weber era relativamente tranquillo. Era di turno domenica a Las Vegas quando ricevette la prima telefonata: una sparatoria di massa al Route 91 Harvest Festival

«Siamo stati informati di una sparatoria, ma nessuno ci disse che si sarebbe trattata di una maxi-emergenza», racconta Weber. «Andammo per aiutare più persone possibile.»

Quando giunsero in prossimità del Mandalay Bay Casino, Weber ed il suo collega videro dozzine di ambulanze in attesa.

“Questo fu il momento in cui capimmo che si trattasse di qualcosa di veramente grave”, racconta il soccorritore.

Gli agenti di Polizia ci comunicarono che non avremmo ancora potuto entrare nell’area, perché la scena non era sicura.”

Gli agenti speciali hanno dovuto verificare che non ci fossero terroristi all’interno della palazzina che potessero sparare contro i soccorritori.

«Abbiamo dovuto attendere che l’area venisse dichiarata “sicura” prima di poter procedere a soccorrere le centinaia di feriti

I paramedici e gli EMTs (tecnici dell’emergenza medica) furono in grado di raggiungere l’area nella quale erano presenti centinaia di corpi distesi a terra, sempre scortati dagli agenti special che, impugnando fucili mitragliatori, coprivano le spalle ad ogni team di soccorritori.

“C’erano agenti SWAT attorno al perimetro per fornire copertura in caso di necessità”, racconta il soccorritore. “Non sono mai stato così spaventato in vita mia. Non ho potuto fare altro che pensare che la sparatoria sarebbe ricominciata da un momento all’altro.”

Le squadre di soccorritori addette al Triage hanno apposto targhette colorate sulle centinaia di persone distese a terra.

I pazienti con la targhetta verde avevano riportato lesioni minori. Coloro che avevano ricevuto la targhetta gialla avevano riportato lesioni che non hanno determinato un pericolo di vita. La targhetta rossa è stata apposta sui pazienti in imminente pericolo di vita.

Ai feriti in stato agonico o che sarebbero presumibilmente deceduti a breve è stata assegnata una targhetta nera.

Abbiamo trasportato i pazienti con targhetta rossa per primi“, racconta Weber.

“Ma non è sempre così facile. Decine di persone a terra mi supplicarono di trasportarle per prime perché stavano soffrendo in maniera inimmaginabile. Una donna mi afferrò per la caviglia ed i nostri sguardi si incorciarono. Tutto quello che riuscì a dire fu «Ti prego!». Il suo viso era ricoperto di lacrime. Aveva ricevuto una targhetta gialla, ma c’erano ancora molti codici rossi da trasferire. Pertanto ho dovuto trovare la forza di dirle «Mi dispiace. Qualcuno si prenderà cura di te al più presto.»

“C’era un altro uomo con targhetta verde seduto vicino ad una donna classificata con una targhetta gialla“, prosegue Weber. Mi disse “Aiuta la mia fidanzata” ma non ho potuto fare nulla per loro.

La prima paziente trasportata dal team fu una ragazza con una ferita da proiettile al torace. “Non era in grado di respirare ma aveva polso“, racconta. “Era davvero messa male. L’abbiamo caricata in ambulanza e trasportata subito in ospedale. Non abbiamo fatto in tempo ad arrivare in Pronto Soccorso che la centrale operativa ci disse di dover tornare subito indietro. C’erano centinaia di feriti.”

Weber non è in grado di dire se quella ragazza sia sopravvissuta o meno. Il bilancio definitivo delle autorità parla di 59 persone uccise e 527 ospedalizzate.

Tornando sulla scena i soccorritori trovarono una situazione disperata.

“Gli agenti di Polizia sul posto indirizzavano i soccorritori verso i pazienti più critici, basandosi sul colore della targhetta. Era chiaro a tutti come i pazienti andassero trasportati in ospedale in ordine di gravità. Questo è stato quello che ogni soccorritore ha fatto.”

Anche molti feriti meno gravi avevano ben chiaro questo concetto offrendosi di aiutare in ogni modo possibile”.

Quando ritornarono sulla scena “i feriti erano in attesa ormai da 20-30 minuti, provando immenso dolore per le lesioni e sanguinando abbondantemente” racconta Webern

Camminando in mezzo a decine di persone distese a terra ognuno di loro supplicava di aiutarlo in qualche modo. “Un uomo mi implorò piangendo «Ho un neonato feriti con me, per favore salvalo.»

Erano entrambi classificati con la targhetta gialla. Weber non poté fare nulla per loro.

Devi capire che le targhette gialle non possono diventare rosse velocemente“, disse loro Weber, pur sapendo che spesso non sia così.

“Molti feriti sanguinano copiosamente in seguito a ferite da arma da fuoco multiple. Stanno soffrendo e rischiano lo shock emorragico”.

Il paramedico ha successivamente affermato che sicuramente ognuna di quelle persone distese a terra fosse convinta di essere prossima alla morte. “Ecco perché abbiamo dovuto prendere decisioni molto velocemente“.

Gli agenti di Polizia aiutavano i sanitari con il Triage, ma comunque c’erano decisioni non semplici da prendere in pochi secondi.

Dobbiamo soccorrere prima questa targhetta rossa o quell’altra? Quale paziente soccorrere per primo? E se facessimo la scelta sbagliata? È stata una agonia anche per noi“.

Weber fece numerosi viaggi dal luogo dell’attentato all’ospedale. Gli sembrò che i pazienti critici non finissero mai.

Ogni volta che tornavo sulla scena le condizioni dei pazienti deterioravano. Le condizioni di alcune targhette gialle diventarono davvero critiche, dovendo essere classificate come rosse infine. Abbiamo semplicemente provato a salvare più vite possibili.”

Simone Gussoni

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