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Apnee ostruttive del sonno: rischio Alzheimer ridotto con terapia a pressione positiva delle vie aeree

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Apnee ostruttive del sonno: rischio Alzheimer ridotto con terapia a pressione positiva delle vie aeree
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Questa la conclusione alla quale sono giunti i ricercatori dei Michigan Medicine’s Sleep Disorders Centers.

Un nuovo studio, pubblicato online su Sleep, rileva che gli adulti più anziani che hanno ricevuto un trattamento a pressione positiva delle vie aeree (PAP) prescritto per la sindrome da apnee ostruttive del sonno (OSA) possono avere meno probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer e altri tipi di demenza.

Un gruppo di ricercatori dei Michigan Medicine’s Sleep Disorders Centers, coordinati da Galit Levi Dunietz, docente di Neurologia ed epidemiologo del sonno, hanno analizzato le richieste di oltre 50mila beneficiari di Medicare dai 65 anni in su a cui era stata diagnosticata l’OSA.

L’OSA, ricordano gli autori, è una condizione in cui le vie aeree superiori collassano ripetutamente durante la notte, impedendo la normale respirazione durante il sonno. L’OSA è associata a una varietà di altre condizioni neurologiche e cardiovascolari e molti adulti più anziani sono ad alto rischio per OSA.

L’obiettivo dello studio era quello di esaminare le associazioni tra terapia PAP, aderenza e diagnosi di incidenza di malattia di Alzheimer (AD), lieve deficit cognitivo (MCI) e demenza non diversamente specificata (DNOS) negli adulti più anziani. I partecipanti allo studio sono stati valutati utilizzando codici ICD-9 per le sindromi neurocognitive [AD (n=1.057), DNOS (n=378) e MC I(n=443)] che sono state recentemente identificate tra il 2011 e il 2013.

Nello studio, rappresentativo a livello nazionale, i ricercatori hanno esaminato se le persone che avevano usato la PAP avessero minori probabilità di ricevere una nuova diagnosi di demenza o lieve deficit cognitivo nei tre anni successivi, rispetto alle persone che non ne avevano fatto uso. In questo campione di beneficiari di Medicare con OSA, il 59% erano uomini, il 90% erano caucasici e il 62% erano più giovani di 75 anni. Alla maggioranza (78%) dei beneficiari con OSA è stato prescritto il PAP e il 74% ha mostrato prove di aderenza all’uso di PAP.

“Abbiamo trovato una significativa associazione tra l’uso del PAP e il minor rischio di Alzheimer e altri tipi di demenza nell’arco di tre anni, suggerendo che la PAP può essere protettiva contro il rischio di demenza nelle persone con OSA”, scrivono gli autori.

Più in dettaglio, nei modelli corretti, il trattamento PAP era associato a minori probabilità di diagnosi di incidenza di AD e DNOS (OR=0,78, IC al 95% 0,69-0,89; OR=0,69, IC al 95% 0,55-0,85). Quote più basse di MCI, che si avvicinano alla significatività statistica, sono state osservate anche tra gli utilizzatori di PAP (OR=0,82, IC al 95% 0,66-1,02). L’aderenza alla PAP era associata a minori probabilità di diagnosi di incidenza di AD (OR=0,65, 95% CI:0,56-0,76).

I risultati sottolineano l’impatto del sonno sulla funzione cognitiva. “Se esiste un nesso causale tra il trattamento dell’OSA e il rischio di demenza, come suggeriscono i nostri risultati, la diagnosi e il trattamento efficace dell’OSA potrebbero svolgere un ruolo chiave nella salute cognitiva degli adulti più anziani – sottolineano i ricercatori -. Il trattamento PAP e l’aderenza sono associati in modo indipendente a minori probabilità di diagnosi di AD incidente negli adulti più anziani. I risultati suggeriscono che il trattamento dell’OSA può ridurre il rischio di demenza successiva”.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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