Grazie ad un innovativo sistema i medici dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) potranno avere immagini ancora più accurate dei tumori. Una tecnica tridimensionale capace di integrare in tempo reale le immagini catturate da sorgenti diverse è il segreto del sistema integrato Eco-Angio-Tac inaugurato ieri nella struttura milanese.
Ciò permetterà allo IEO di diventare il primo centro oncologico italiano dotato di una macchina di questo tipo. Il dispositivo si chiama Alphenix 4D CT e rappresenta l’ultima evoluzione di una tecnologia che vanta 120 installazioni in Giappone, dove è stata ideata, e 8 in Europa.
Permette al radiologo interventista di poter valutare contemporaneamente la morfologia degli organi in 3D, la loro vascolarizzazione e la funzionalità degli stessi.
Rappresenta “l’avanguardia internazionale nell’ambito della Radiologia Interventistica oncologica e permette di pianificare, trattare e verificare i risultati dei trattamenti, nella stessa sala, con un unico sistema e con una dose di radiazioni molto ridotta“, commenta Franco Orsi direttore della Divisione di Radiologia Interventistica dello IEO.
Secondo il dott. Orsi, poter operare con questo sistema “significa anche poter navigare virtualmente dentro i volumi degli organi, per mirare in modo rapido e preciso le lesioni tumorali da eliminare, e poter avere la certezza di aver eliminato radicalmente il tessuto patologico senza complicanze, immediatamente al termine dell’intervento, senza aspettare controlli successivi“.
In realtà si utilizzavano già in contemporanea l’ecografia, l’angiografia e in alcuni casi anche la Tac, ma le relative specifiche immagini venivano elaborate e integrate solo nella mente dell’operatore.
“Da oggi – precisa il radiologo dell’Ieo – l’integrazione dei dati di imaging avviene con una tecnologia d’avanguardia che, in sintesi, permette al medico di essere più accurato e più rapido nel raggiungere la lesione ed effettuare il trattamento, risparmiando i tessuti sani circostanti, con l’ulteriore vantaggio di gestire e ridurre la dose radiogena ai minimi livelli necessari. E’ come disporre di un “Google Earth” del corpo umano – conclude – incredibilmente dettagliato, per districarsi meglio nella sua complessa e variabile anatomia“.
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