Intervistato da Sanità Informazione, il presidente dell’organizzazione sindacale, Alessandro Vergallo, spiega il punto di vista dei medici di anestesia e rianimazione.
Per far fronte alle esigenze degli ospedali, nuovamente presi d’assalto per via della quarta ondata pandemica la strada da percorre sembra sempre la stessa: aumentare il numero dei posti letto nei reparti Covid, rianimazioni in primis. Una soluzione che però, se non accompagnata da altre e più stringenti misure, non sta più bene a chi da due anni vive in prima persona il logorio umano e professionale dell’emergenza. Il perché lo spiega Alessandro Vergallo (foto), presidente di Aaroi Emac (organizzazione sindacale dei medici di anestesia e rianimazione, 118 e Pronto soccorso), intervistato da Sanità Informazione.
«Fotografata ad oggi, la situazione non è ancora ai livelli di estrema gravità delle precedenti ondate – spiega Vergallo –, ma contiamo già circa mille ricoverati nei reparti di rianimazione. Rispetto alle prospettive attese, i ricoveri sono destinati ad un ritmo di crescita o di decrescita nell’arco di due-tre settimane, che sono quelle che intercorrono tra il contagio e il manifestarsi della malattia grave. É vero che l’efficacia dei vaccini ha ridotto almeno di un terzo l’effetto del contagio: facendo un rapporto tra contagiati, ammalati che necessitano di ricovero e ammalati che necessitano di terapia intensiva, nella prima ondata questo rapporto era di 100, 10, 1, mentre oggi abbiamo 100, 3, 0,3. Tuttavia il tasso di diffusione del virus sembra in forte rialzo rispetto alle varianti precedenti a causa dell’avvento di Omicron, sulla quale i primi dati suggeriscono, infatti, un’alta diffusione».
«Questo fattore – prosegue –, legato al fatto che non veniamo da periodi particolarmente restrittivi sugli eventi sociali, ci spinge a prevedere nelle prossime settimane un rischio di crescita del 70% in più dei ricoveri in rianimazione Covid rispetto a quelli attuali, che contribuirebbero a mettere in ginocchio un sistema ospedaliero già duramente provato dall’impatto delle ondate precedenti. A fronte di tutto questo ci giunge notizia che le misure atte a prevenire questo rischio sarebbero, ancora una volta, centrate principalmente su un ulteriore aumento (rispetto a quanto già fatto finora) dei posti in Terapia Intensiva. Ebbene questa è una misura che appare ragionevole nella misura in cui è realmente sostenibile, vale a dire se gli ulteriori posti in TI possono essere gestiti da specialisti competenti, perché moltiplicare sulla carta i posti in TI, se poi manca il personale addetto, non può rappresentare la soluzione principale al problema».
«Durante la prima ondata abbiamo fatto fronte all’aumento di posti in TI, facendo i salti mortali – ricorda Vergallo –, con turni infiniti, saltando ferie e riposi eccetera, ma oggi, a fronte degli oltre 9mila posti in più di cui si favoleggia, in realtà noi ne contavamo circa mille in più rispetto ai 5.100 del periodo pre-pandemico, per un totale di circa 6mila. Questo numero – sottolinea – può essere implementato ancora di diverse centinaia di unità: sia come sindacato Aaroi Emac sia come società scientifica Siaarti, abbiamo evidenziato da subito l’opportunità di non superare i 7.500, per essere sostenibile a livelli di appropriatezza di gestione. Superare questo numero potrebbe prestarsi a fini strumentali, al fine di ridurre contestualmente le misure di contenimento nelle singole Regioni, instaurando inevitabilmente un circolo vizioso: aumentare i posti “teorici”, allentare le restrizioni, far circolare la malattia in forma anche grave continuando a sovraccaricare l’intero sistema ospedaliero, compresi i Pronto Soccorso, anche relativamente all’assistenza extra Covid. Un vero gioco al massacro al quale non abbiamo intenzione di prestarci, e relativamente al quale non escludiamo azioni di protesta».
«I nostri colleghi sono duramente provati da quasi due anni pesantissimi – ammonisce il presidente di Aaroi Emac –. Non è possibile continuare a scaricare sugli ospedali l’intero peso di un’emergenza che, come ormai abbiamo appreso, è ciclica e che si presenta, e va gestita, a livello multimodale: innanzitutto con un incremento della campagna vaccinale, perché ci sono ancora 6 milioni di italiani non vaccinati e che ad oggi non hanno intenzione di vaccinarsi, considerando che il 75% dei ricoverati in rianimazione per Covid è non vaccinato. Poi con il mantenimento delle misure di prevenzione individuale e di contenimento sociale».
Redazione Nurse Times
Fonte: Sanità Informazione
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