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Disabile morto nel letto di una struttura socio-assistenziale: imputazione coatta per direttrice e oss

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Il dramma risale al 19 aprile del 2022, quando il corpo senza vita di un disabile 42enne fu trovato nel letto della struttura socio-assistenziale che lo ospitava da tempo in un paese dell’entroterra marchigiano. Seguì un’inchiesta, affidata ai carabinieri del Nas, che passarono al vaglio le cartelle cliniche e ricostruirono il trattamento sanitario a cui l’uomo era stato sottoposto. La successiva autopsia stabilì che il decesso era da ricondursi a insufficienza respiratoria acuta da pericardite.

In merito a quell’evento il gip Maria Grazia Leopardi, del Tribunale di Fermo, ha ora disposto l’imputazione coatta per la direttrice della struttura e per un’operatrice socio-sanitaria (oss). L’accusa è di responsabilità colposa per morte in ambito sanitario. Dopo la formulazione del capo d’l’imputazione, toccherà al gup decidere se rinviare le due donne a giudizio oppure emettere una sentenza di non luogo a procedere.

Il 5 maggio scorso il pm aveva chiesto l’archiviazione per l’impossibilità di stabilire un nesso tra la causa della morte e la condotta dei sanitari. Richiesta a cui si è opposta la famiglia del disabile, sostenendo che il 42enne si sarebbe potuto salvare se il personale gli avesse prestato le opportune attenzioni.

In particolare, è stata contestata una cartella clinica ritenuta lacunosa. Tanto più che pochi mesi prima il paziente disabile aveva contratto il Covid. Inoltre si è sottolineato il fatto che lo stesso, pochi giorni prima della morte, lamentava difficoltà a deglutire, alternata a pianti per il suo stato di salute.

Non solo. Dall’esame tossicologico non erano emerse tracce di un cura farmacologica per la patologia di cui soffriva e che, stando ai risultati dell’autopsia, lo avrebbe portato al decesso. Nella richiesta di opposizione all’archiviazione, infine, la famiglia ha fatto presente che il parente disabile era rimasto legato al letto per 16 prima di morire.

Redazione Nurse Times

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