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La sanità degli sprechi, ecco gli ospedali che spendono di più

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Lavorare di notte e i rischi per la salute
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Il Cardarelli di Napoli paga per i servizi di pulizia oltre il doppio del Sant’Orsola di Bologna. Le disparità in un comparto che vale 50 miliardi all’anno

Chissà se il Cardarelli di Napoli è davvero più pulito del Sant’Orsola di Bologna. Le camere dei pazienti, i bagni e i corridoi dovrebbero essere impeccabili. I costi per la pulizia dell’ospedale napoletano sono più del doppio rispetto a quelli emiliani e rappresentano il record a livello nazionale: 17.583 mila euro per posto letto contro i 6.518 del Sant’Orsola. La media è di 7.957 euro. Magari al De Lellis di Catanzaro salvano i malati per telefono, visto che la spesa per le utenze telefoniche è il triplo di altri ospedali italiani (2.782 euro contro 910 a posto letto). E com’è possibile che tra il Careggi di Firenze e il Niguarda di Milano – a parità di dimensioni – ci sia una differenza di dieci volte per l’elettricità (6.737 euro contro 604 a posto letto)?

Dall’elaborazione degli ultimi dati disponibili del ministero della Salute pubblicati online sull’attività economico-sanitaria (2011) emerge una fotografia su possibili sprechi e inefficienze. Di quanti soldi ha bisogno ogni anno un ospedale per sopravvivere? Basta dividere i costi messi a bilancio con i posti letto per avere risultati sorprendenti. Le cure mediche offerte ai malati sono le stesse, ma la spesa è enormemente differente tra un ospedale e l’altro.

All’Umberto I di Roma sono necessari più di 500 mila euro per ogni letto utilizzato, mentre al San Matteo di Pavia ne bastano 380 mila. Per la spesa di medici e infermieri (tra dipendenti, universitari e precari) il Policlinico Giaccone di Palermo sopporta un costo di 182 mila euro per ciascun letto contro i 130 mila dell’ospedale universitario di Parma.
In gioco ci sono soldi pubblici.

La spesa degli ospedali vale più di 50 miliardi l’anno (sui 112 complessivi)

E sapere come vengono usati è fondamentale. Per il governo Renzi a caccia di 20 miliardi per la manovra 2015 i tagli alla Sanità sono l’obiettivo numero 1. Ma i governatori sono insorti dichiarando che si mette a rischio la tenuta del servizio sanitario nazionale e quindi la salute dei cittadini. Bloomberg sembra dargli ragione: per il network mondiale d’informazione finanziaria, l’Italia è il terzo sistema sanitario più efficiente al mondo (preceduta solo da Singapore e Hong Kong). Chi ha ragione? È possibile ridurre i costi senza intaccare la qualità delle cure?

Tutti i numeri sono da prendere con le molle. L’obiettivo non è stilare classifiche (sempre opinabili) tra spendaccioni e virtuosi. Le enormi disparità di spesa fanno capire, però, che troppo spesso ci sono costi non collegati strettamente alla cura dei malati. Qui dentro si nasconde un tesoretto. I risparmi possibili. E le cifre in ballo sono da capogiro. La differenza tra ospedali obbliga a una riflessione. Se fosse possibile all’Umberto I spendere per posto letto quanto il San Matteo di Pavia (entrambi storici policlinici universitari) l’ospedale romano ridurrebbe le uscite di 137 milioni di euro l’anno (un quarto del bilancio).

I dati sono stati analizzati con l’aiuto del Centro studi sanità pubblica dell’Università Bicocca di Milano, insieme al fondatore Giancarlo Cesana e al ricercatore Achille Lanzarini. Numeri, tabelle, statistiche. È un mare magnum. Anche i più consolidati luoghi comuni sull’efficienza del Nord vengono messi in dubbio. L’ospedale universitario di Udine (dov’è in corso un piano di tagli contro un buco da 10 milioni) costa 170 mila euro in più a posto letto rispetto al suo omologo di Messina. Nella stessa Sardegna il Brotzu di Cagliari spende per tecnici, amministrativi e, in generale, personale non sanitario il triplo a posto letto rispetto all’ospedale universitario di Sassari (34 mila euro contro 11 mila). Per medici e infermieri al San Giovanni/Addolorata di Roma la spesa per posto letto è di 172 mila euro contro i 140 mila di Padova, ma lo stipendio del personale pubblico è uguale in tutt’Italia. La differenza è spiegabile, dunque, solo con un diverso numero di lavoratori in corsia: ma ne ha troppi il San Giovanni/Addolorata o troppo pochi Padova? Un interrogativo simile nasce se si butta un occhio ai giorni di ricovero: nella Chirurgia generale del San Giovanni/Addolorata la degenza media è 11 giorni contro i 7 di Padova. Un caso?

Una cosa è certa: i costi della sanità sono un caos. E per cambiare, forse, non servono tagli lineari che penalizzano tutti allo stesso modo, ma manager capaci di individuare le spese improduttive e di riorganizzare l’attività. Premiando i medici e gli infermieri più bravi. E senza investimenti è dura. I costi bassi dell’energia di Niguarda? Sono iniziati con un investimento lungimirante di 22 milioni per un cogeneratore.

Fonte

www.corriere.it

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