Grande successo a Milano per l’evento tenutosi il 23 maggio 2015 presso il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Milano – Ex Ospedale Militare dal titolo “Il Piave mormorava – Le infermiere italiane nella Prima Guerra Mondiale”. Iniziativa organizzata in sinergia tra Ipasvi Mi – Lo – MB, Accademia Scienze Infermieristiche (ASI), Società Italiana di Storia dell’Assistenza Infermieristica (So.I.S.A.I.) e Dipartimento Militare di Medicina Legale, hanno richiamato tantissimi colleghi che alla fine della giornata hanno applaudito i promotori e gli autorevoli relatori intervenuti. Nursetimes con il suo staff presente, conferma il successo dell’iniziativa, cercheremo di riportarvi i passaggi principali, attraverso articoli ed interviste ai protagonisti.
Gli infermieri commemorano il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale con un evento rientrante nel Programma ufficiale delle commemorazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale, e punta l’attenzione sul ruolo delle donne nel conflitto bellico e sulla nascita dell’infermieristica moderna.
Il 24 maggio del 1915 l’Italia entra in guerra. La stima del numero totale di vittime della prima guerra mondiale non è determinabile con certezza e varia molto: le cifre più accettate parlano di un totale, tra militari e civili, compreso tra 15 milioni e più di 17 milioni di morti, con le stime più alte che arrivano fino a 65 milioni di morti includendo nel computo anche le vittime mondiali della influenza spagnola del 1918-1919. Il totale delle perdite causate dal conflitto si può stimare a più di 37 milioni, contando più di 16 milioni di morti e più di 20 milioni di feriti e mutilati, sia militari che civili, cifra che fa della “Grande Guerra” uno dei più sanguinosi conflitti della storia umana.
Ad aprire il congresso Francesco Saverio Castellano, Primo Maresciallo sanità, Responsabile Servizio Infermieristico Tecnico Riabilitativo e Ausiliario del D.M.M.L che saluta le autorità e gli intervenuti.
Tra i moderatori della prima sessione di lavoro Paola Arcadi, presidente dell’ASI che visibilmente emozionata introduce la lettura magistrale di A. Vumbaca, soffermandosi sull’importanza della storia per “…riscoprire le radici della professione infermieristica…ritornare nel conflitto e ricordare l’opera delle infermiere impegnate sul fronte ci restituisce un valore importante per tutta la comunità infermieristica…”
Arte, scienza e musica l’infermieristica foriera di valori positivi. Quindi spazio alla musica che riprende tematiche legate alla grande guerra riproposte da una cantante d’eccezione.
Dopo questa suggestiva parentesi musicale si riprende con il presidente ipasvi di Mi – Lo – MB, Giovanni Muttillo che prima di introdurre i lavori della prima sessione, invita la platea ad osservare un minuto di silenzio dedicato alla collega Cristina Finardi una collega molto attiva e impegnata anche nell’ambito dell’attività ordinistica del collegio di Milano.
Grande testimonianza della prof.ssa Marisa Siccardi attraverso una lettura magistrale che ripercorre quegli anni attraverso una ricerca storica sulla città di Savona. La professoressa ci racconta il clima di allora con la “propaganda della guerra” che cominciava a diffondersi nella società attraverso le immagini di infermiere e crocerossine sorridenti. Cominciavano a nascere i comitati di assistenza e fratellanza, tra cui la croce Bianca, molto attiva e il comitato femminile di soccorso per i feriti in guerra. La croce Bianca a Savona regolarmente istituiva dei corsi finalizzati all’assistenza dei feriti di guerra affiancandosi alla croce rossa. “.…Se pensiamo al periodo storico nella mia ricerca il dato che mi ha stupito molto è stato l’aumento degli infortuni sul lavoro, la trasformazione della grande industria in industria bellica. In quelle industrie lavoravano tutti donne e uomini con grandi sacrifici…”
Cartoline che riprendevano “attori” vestiti da infermiere e crocerossine con volti sorridenti propagandati, una strategia utilizzata da molte delle nazioni in campo, che avevano un duplice fine: quello di rassicurare i familiari e gli stessi volontari che confortati decidevano di partire al fronte e quello di raccogliere fondi per la guerra.
La prof.ssa Siccardi riporta l’episodio dell’affondamento ad opera di un sommergibile tedesco del Transilvania (nave utilizzata per il trasporto dei militari) a poche miglia dalla costa di Savona, evento che colpì molto la società savonese “...Savona fu il transito dei militari dell’Inghilterra e della Francia verso i vari fronti di guerra…morirono moltissimi militari britannici, infermieri, medici in quella tragedia del mare. Alcuni pescatori savonesi temerari con 4 barche da pesca a remi si avventurarono, nonostante il forte vento, riuscendo a salvare 22 naufraghi. Nel 1919 il gruppo di salvataggio ricevette dal Governo Brittanico una medaglia d’argento in segno di gratitudine e nel 1921 il Ministero della Marina Italiana rilasciò a ciascuno dei pescatori un attestato di benemerenza…” La prof.ssa Siccardi continuando nella sua digressione e riportando documenti storici, giornali dell’epoca si sofferma sull’organizzazione sanitaria ai tempi della grande guerra. Il triage così come lo conosciamo in guerra serviva solo a separare i militari che potevano essere salvati, recuperati e rimandati al fronte (a cui veniva assegnato un codice in relazione alla sua gravità) da quelli che invece venivano lasciati morire sul campo… “Le condizioni igieniche – ricorda la prof. Siccardi – dei militari nelle trincee erano disumane. Nelle trincee non c’erano solo soldati ma anche barellieri, infermieri, medici che morivano sul fronte. Dalla lettura di alcuni diari di soldati si evidenziavano tutte le criticità: corpi inermi ammassati, bisogni fisiologici espletatti all’interno della divisa militare…”
A Savona molti luoghi pubblici furono trasformati in ospedali dedicati alla guerra, treni e navi ospedale con posti letto dedicati ai militari. In questo periodo nascevano i primi centri protesici per l’altissimo numero dei soldati mutilati.
Molti luminari della medicina, della chirurgia, della chimica proprio in questo periodo attraverso “sperimentazioni” danno dei grossi contributi alla crescita di queste discipline. Una parte della storia dimentica gli obiettori, tanti, perseguitati e molti anche fucilati. Savona vanta anche militari importanti come Sandro Pertini e Nicolò Alberto Gavotti, ingegnere e Ufficiale del Genio che si distinse per aver ideato fortificazioni che hanno salvato la vita a migliaia di soldati. Nella sua ricerca storica la prof. Siccardi si imbatte in storie drammatiche che ci riportano alla crudeltà e ingiustizia di questa guerra “…nell’arco di 2 mesi alla fine del ’18 a Savona si suicidano 3 donne: una di loro ha 3 figli malate di spagnola, malata anche lei, vedova di guerra si getta dal terrazzo…e mentre c’è l’altissimo profitto delle grandi industrie e iniziano a fiorire le banche, la povertà affama il popolo…Nella città di Savona – conclude la prof. Siccardi – c’è un monumento dedicato alla prima guerra, ma non è la Vittoria alata o militari con le baionette puntate, ma solatanto una donna piangente dei bimbi orfani.“
Vi proponiamo l’intervista al presidente del collegio Ipasvi di Mi – Lo – MB, dott. Giovanni Muttillo
Massimo Randolfi
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