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In Italia precario e disoccupato, in Germania infermiere apprezzato, e voi che aspettate?

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Salutiamo Giovanni Di Bari, infermiere emigrato in Germania da quasi due anni, parla della sua esperienza lavorativa, dalle soddisfazioni professionali alle piccole difficoltà quotidiane con alcuni consigli utili per poter vivere questa esperienza in modo positivo, con un messaggio chiaro sul costo della vita e sulla crescita professionale offerta.

Giovanni di Bari nella sua precedente intervista ci aveva dettagliato i motivi della sua scelta e il percorso che lo ha portato a lavorare per una struttura sanitaria a Colonia, a beneficio dei lettori di Nursetimes con l’obiettivo di orientare gli infermieri verso una scelta importante e consapevole, ricevendo informazioni utili da chi ha una conoscenza diretta.

Il primo consiglio di Giovanni ai colleghi che vorrebbero lavorare in Germania è la conoscenza della lingua, infatti “accelerare i tempi attraverso dei corsi seri di lingua già in Italia, così da avere la conoscenza delle basi per poter lavorare e vivere quotidianamente; di informarsi tramite Internet o conoscenti che sono già sul posto interessato, anche per la ricerca stessa di un posto di lavoro. Questo per evitare di perdere soldi e tempo (come minimo 3 mesi per via dei corsi di lingua) prima di poterne trovare uno che non sia il pizzaiolo in una pizzeria italiana”.

Come scritto nel suo precedente articolo, ci sono delle agenzie italiane di reclutamento che facilitano l’ingresso lavorativo, ma a volte, “come nel mio caso, qualcosa può andar storto con le agenzie, ed è per questo che mi sono convinto della veridicità del detto: chi fa da sé, fa per tre”.

Dal punto di vista professionale, molti colleghi rientrano in Italia descrivendo le loro esperienze non sempre positive, alcuni sostengono che sia poco professionale, molto vicino al lavoro delle figure di supporto. Ci può dare qualche notizia in merito? 

“Il lavoro da infermiere – continua Giovanni – in Germania è sicuramente meno professionale poiché non deriva da un percorso universitario, ma da scuole professionalizzanti, di certo il lavoro svolto non è paragonabile a quello degli operatori di supporto, a meno che non si lavori in centri anziani o case di riposoPer quanto riguarda i colleghi che ritornando in Italia, giudicano negativamente la loro esperienza, credo che possa dipendere più che altro dalla lontananza, che pesa psicologicamente, ed alla delusione sulle aspettative economiche”.

Possibilità di carriera?

“Ognuno può, come in Italia, intraprendere una strada precisa, come, ad esempio coordinatore, infermiere di aria critica, infermiere prelievatore (anche se sta cosami fa rabbia), o specialista nelle medicazioni avanzate, ecc.

Esistono dei corsi specializzanti? C’è anche un inquadramento economico superiore?

Si, entrambi. Alcuni corsi, tra l’altro, fanno parte degli aggiornamenti professionali obbligatori che vengono offerti dall’ospedale o dalla clinica stessa.

Altre informazioni importanti: fitto casa, spese per le bollette, mezzi pubblici, beni di primo consumo…Puoi darci delle indicazioni precise?

“Per quanto riguarda le spese, posso purtroppo solo parlarti di una città turistica come Colonia. Qui le spese effettivamente ci sono, soprattutto su affitto e trasporti pubblici (anche se di un’efficienza incredibile), ma basta pretendere un po’ meno e vivere in una città più piccola per risparmiare molto. Sui beni di primo consumo siamo sugli stessi livelli dei prezzi italiani.Fuori, ti conviene bere solo birra, neanche l’acqua è così economica.

Mentre come risaputo, benzina e gasolio sono più economici, ma la Germania ha da tempo avviato delle campagne di sensibilizzazione a favore dell’uso della bici, raccogliendo un notevole consenso.

Il fitto casa parte da 300 € a persona (in periferia, casa vecchia e con pochi mq), abbonamento per tutti i mezzi pubblici (treni anche per fuori colonia, tram ed autobus) intorno ai 90 € mensili. Io ne pago 65 poiché il mio abbonamento è stato acquistato tramite una convenzione con la clinica in cui lavoro. Le bollette sono comprese in parte nell’affitto, poi però arriva il conguaglio annualmente, e questa però è una nota dolente, in quanto si dà la possibilità ai “furbetti” di speculare non inviando mensilmente un resoconto di ciò che si consuma, puoi ritrovarti delle brutte sorprese”.

In conclusione?

Tirando le somme, potrei dire che il vivere all’estero ha davvero tante difficoltà, delusioni, ostacoli, ma se io e tanti altri come me siamo ancora qui significa che ne vale davvero la pena!

Il tutto si compensa con:

  • in primis un posto di lavoro facilmente reperibile, senza perdere le nozioni pratico/teoriche studiate nel corso di laurea;
  • stipendio abbastanza adeguato, con possibilità (questo in tutti i settori lavorativi) di fare dei lavori in libera professione aggiuntivi in regola ed esentasse;
  • autonomia ed indipendenza, a mio modesto avviso da non sottovalutare;
  • grande facilità nel cambio del posto di lavoro, data l’offerta lavorativa maggiore;
  • convivenza civile (come dovrebbe essere ovunque) tra gente di diversa provenienza, data l’alta presenza di immigrati, imparando il rispetto delle culture, abitudini e religioni diverse dalle proprie.

Grazie Giovanni per la tua puntuale descrizione e per la tua grande disponibilità, il team di Nursetimes ti augura una proficua carriera professionale.

Giuseppe Papagni

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