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Le parole di un paziente “Sto morendo, ma al Moscati ci sono gli angeli”

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Un paziente del Pronto Soccorso ringrazia infermieri e medici: ogni giorno avvengono miracoli.

“Voglio dire grazie a tutti loro. Ho visto infermieri, tra mille difficoltà ed emergenze, affrontare il turno di lavoro anche gonfiando guanti di plastica per creare distrazioni a bambini che piangevano. A tutte queste persone dico grazie”

Questa è la storia di un paziente del Moscati di Avellino che nell’anonimato racconta la sua esperienza da malato terminale. Il nome di fantasia utilizzato, Ciro, un paziente di oltre settantanni chiama la redazione di un giornale locale per raccontare la sua esperienza.

“Sono un malato terminale e se contatto una redazione giornalistica è solo perchè sento forte il bisogno di raccontare che all’ospedale Moscati ho incontrato e conosciuto degli angeli”.

Nella sua telefonata la voce di Ciro si spezza, trema. A volte sembra quasi che quel signore voglia interrompere la comunicazione.

Voglio solo dire grazie. Molto spesso sento, leggo, tante notizie di malasanità. Per questo ho sentito il dovere, il piacere di raccontarvi la mia personale esperienza. Sono malato, lotto per la vita da tempo e ho trascorso i tre giorni del Ferragosto ricoverato, per l’ennesimo brutto scherzo della mia malattia, al Pronto Soccorso del Moscati. Qui ho conosciuto gli angeli. Quello che sto ricevendo, ora dopo ora, tra queste corsie è indescrivibile. Leggo il nome di questi uomini, queste donne sui loro cartellini. Un dottore si chiama Vallefuoco un infermiere Litto. Ma sono solo due nomi di una intera equipe di persone perbene, uniche e soprattutto vicine ai dolori grandi di tante esistenze. Non voglio impietosire nessuno, ma raccontare qualcosa di molto vero che accade ogni ora in tante strutture ospedaliere, nei reparti, tra le corsie. Dietro i numeri ci sono tante storie, persone. Destini come il mio o diversi, in cui resta la traccia di persone speciali, mi piace chiamarli angeli di un pronto soccorso affollatissimo, tra tagli cronici di risorse economiche ed umane, in cui c’è chi lotta e riesce a fare il proprio lavoro riuscendo a dare a persone che soffrono: calore, vicinanza, presenza e la migliore delle assistenze. Voglio dire grazie a tutti loro. Ho visto infermieri, tra mille difficoltà ed emergenze, affrontare il turno di lavoro anche gonfiando guanti di plastica per creare distrazioni a bambini che piangevano. A tutte queste persone dico grazie per raccontare come, oltre le porte chiuse di un reparto, avvengano ogni giorno piccoli o grandissimi miracoli. Grazie”.

Sono queste le gratitudini che ogni lavoratore vorrebbe ricevere e che restituiscono dignità ad una sanità che vive un periodo di crisi d’identità, dettata da logiche di aziendalizzazione che irrigidiscono il sistema sanitario, dimenticando molto spesso che dietro la patologia si nasconde sempre una persona con il proprio vissuto, le proprie emozioni, le proprie paure. Recuperare il rapporto con il paziente è una sfida che questa sanità non può assolutamente mancare.

Gli infermieri questo lo sanno benissimo.

Grazie a Lei sig. Ciro.

Giuseppe Papagni

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