9.035 operatori sanitari ‘fuggiti’ negli ultimi 8 anni. 3600 posti letto in meno. Una struttura importante come il Policlinico Umberto I si regge grazie ai 700 ‘esternalizzati’ nei reparti d’emergenza. Questa la situazione della sanità nella regione Lazio.
In ginocchio e a rischio collasso. È questo il ‘quadro clinico’ della sanità laziale, indebolita dalla perdita di ben 9.035 operatori sanitari negli ultimi 8 anni. In fuga dalla precarietà, dalla disoccupazione e da alcune condizioni lavorative al limite dell’umana decenza.
Da 10 anni a questa parte gli organici ospedalieri si sono ridotti del 30%, in relazione alla perdita di 3.600 posti letto di cui 2.177 solo nella città di Roma.
Mancano un migliaio di medici, 3.706 infermieri e altre migliaia di figure tra operatori socio-sanitari e tecnici di laboratorio. Ma non finisce qui: il blocco del turn-over, che fino al 2014 ha consentito alla Regione di assumere solo il 10 per cento del personale andato in pensione, ha causato un pauroso ed inevitabile innalzamento dell’età media, che per quanto riguarda il 35% degli operatori sanitari oscilla intorno ai 54 anni. Dall’inizio del 2016 la percentuale degli assunti è stata incrementata fino al 30% e a febbraio la Regione ha annunciato nuove assunzioni per 394 unità: 15 medici e 20 infermieri a tempo indeterminato alla Asl di Viterbo, 4 anestesisti a tempo determinato e 18 infermieri a tempo indeterminato a Latina e 34 nuove unità a tempo indeterminato nell’Asl Roma 6. Ciò basterà a scongiurare il rischio di un collasso? Probabilmente no.
Il Piano Giubileo del 2015 è riuscito in parte a rallentare questa massiva emorragia di personale: 868 operatori sono stati infatti assunti per far fronte ai 1.086 usciti dal servizio sanitario regionale. Di questi, però, ben 578 sono stati ‘presi’ solo a tempo determinato per l’anno santo e i rimanenti 290 a tempo indeterminato (60 nelle Asl romane, 118 nelle province e 112 nelle aziende ospedaliere).
La Regione Lazio, nello scorso novembre, ha proferito solenni rassicurazioni: “nei prossimi 3 anni saranno 1.200 circa gli operatori tra medici, infermieri e tecnici che entreranno in servizio nella sanità laziale. Delle 1.200 assunzioni, la metà, circa 600 unità, riguarderà precari con più di 3 anni di servizio”.
Ci sarà da fidarsi? E’ che… sembra un ritornello già sentito. Anzi, lo è. Nel luglio 2015, infatti, dopo la firma di un protocollo d’intesa, La Regione promise di avviare “entro il 2015 un piano triennale per la stabilizzazione dei precari della sanità del Lazio. A settembre sarà pubblicato il decreto che specificherà ulteriormente le procedure operative”. Sono passati più di 8 mesi e di quel decreto… neanche l’ombra. Tanto che Cisl ed Anaao-Assomed ora minacciano “azioni sindacali”, visto che “a distanza di 8 mesi, nessun medico è stato stabilizzato ed i precari con contratto atipico vedono con preoccupazione l’avvicinarsi della scadenza”.
Ma qui non si tratta solo di precariato. I segretari generali di Cisl Fp e Uil Fpl, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini, parlano infatti di un “altro buco nero non definito che riguarda il personale a somministrazione ed esternalizzato, con migliaia di unità, a partire dai 250 interinali infermieri, tecnici ed ausiliari della Asl di Rieti e gli oltre 700 esternalizzati del Policlinico Umberto I, tutti utilizzati in reparti di emergenza e la cui funzione è insostituibile”. I segretari hanno aggiunto di essere “sorpresi di apprendere che, oltre i servizi core collegati alle prestazioni sanitarie, si autorizzano assunzioni di dirigenti amministrativi e ingegneri con procedure che non prevedono la selezione”.
Sbloccando il turn-over, nel 2017 sarebbe possibile assumere il 40% degli operatori, per arrivare al 50% nel 2018. Anno in cui dovrebbe, facendo gli opportuni scongiuri, terminare il Piano di rientro dal deficit. O almeno così prevede il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: “Il mio obiettivo è che si esca dal commissariamento in tre anni. Il Lazio e Roma hanno bisogno di tornare a offrire prestazioni di qualità, misurabili, recuperare efficienza”.
Lo auspichiamo, desideriamo e speriamo, caro Ministro. Il “precario” e critico stato di salute in cui versa la Sanità della nostra regione, ha bisogno al più presto di una risolutiva “stabilizzazione”. O lo “shock ipovolemico” causato da questa imponente emorragia di professionisti, una volta esauriti i meccanismi di compenso, evolverà inevitabilmente in collasso.
Fonte: Il Tempo
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