Una proposta di legge appena depositata dal deputato Adriano Zaccagnini finalmente introdurrà il reato di violenza ostetrica.
Potrebbe sembrare un’idea eccessiva ma leggendo le molte testimonianze raccolte effettivamente grazie alla campagna #bastatacere, sulla scia dell’hashtag #breakthesilence lanciato dal network internazionale Human rights in childbirth, ci si rende conto che migliaia di donne in tutto il mondo hanno provato sulla propria pelle l’umiliazione, la frustrazione, il dolore fisico e psicologico di dare alla luce il proprio figlio in un contesto a dir poco irrispettoso delle proprie esigenze.
Ferme sul lettino senza poter trovare la posizione giusta per spingere, visitate da più medici senza alcun tatto, sottoposte a manovre ostetriche azzardate senza necessità e senza preavviso, lasciate per più di 20 ore senza bere in vista di un possibile cesareo, sollecitate in malo modo a impegnarsi, rovinate a vita con episiotomie (il taglio delle labbra della vagina) selvagge, apostrofate da infermiere sbrigative, “ricucite” senza anestesia, trascurate, maltrattate, o ignorate, in uno dei momenti più delicati della propria esistenza: il parto.
I racconti delle molte donne che hanno affrontano il parto in importanti realtà ospedaliere suscitano rabbia ed indignazione. L’esperienza del parto viene raccontata come una tortura legalizzata che ancora adesso ricordano con brividi di terrore.
“Io, come mille altre, ho parlato con le mie amiche, con le mie sorelle, ma alla fine l’ho accettato, come una sanzione dovuta alla nascita, un pegno da pagare per quel bimbo bello che avevo tra le braccia, un sacrificio giusto per avere in cambio il premio di un figlio. Leggendo e rileggendo le storie di donne di tutto il mondo, capisco che non è così.”
Una donna che preferisce rimanere anonima racconta la sua esperienza:
“Il bambino si presentava podalico. Nessuno mi ha informato che potevo aspettare il travaglio e partorire naturalmente come avviene negli altri passi europei. “Meglio il cesareo!“ continuavano a dirmi. Ho sofferto tantissimo per settimane, il mio allattamento è fallito dopo giorni di lacrime”.
Ora, è nuovamente incinta e per la seconda volta il medico propone un cesareo. Le testimonianze sono davvero innumerevoli e tutte agghiaccianti:
“Embolia post partum. Il medico obiettore di coscienza nonostante 36 ore di travaglio non la voleva far partorire. Hai i fianchi larghi, disse. Perse conoscenza per 3 giorni, febbre, intubazione, ricovero in rianimazione. In pratica visse 3 giorni fra la vita e la morte e tuttora ha serie conseguenze ai polmoni. Storia vera: 1 Gennaio 1996. La partoriente ero io“.
“La dottoressa mi rise in faccia quando le chiesi di continuare l’Apermus”, (rimedio omeopatico che tra le sue proprietà, ha anche quella di aiutare il travaglio ed il parto, rendendo il collo dell’utero più morbido e agevolandone la sua dilatazione durante il travaglio) racconta un’altra mamma. Lasciata senza cibo né acqua per quasi 24 ore, dopo il parto venne cacciata dalla nursery: “non può vedere il bimbo” fu la frase dell’infermiera.
Proseguono le testimonianze:
“Settimana 40+6. Dopo monitoraggio di controllo tutto ok, già dilatazione 4 cm: ‘adesso sentirà un po’ male perché le facciamo una manovrina per aiutare la sua bambina a uscire’. La mia risposta fu chiara: ‘No, non voglio nessuna manovrina’. Trac, scollamento delle membrane a tradimento”.
“Quando chiesi di darmelo in braccio immediatamente scoppiarono a ridere: ‘Dove l’ha letto? Su Bimbi Sani e Belli?”.
Tra le testimonianze, ci sono anche quelle di ostetriche costrette ad operare in un modo che non condividono:
“Una paziente che non dava problemi è stata costretta a rimanere immobile sul lettino nonostante chiedesse di cambiare posizione perché così le riusciva difficile spingere. Ma le dissero che non poteva: ‘Con questo medico di guardia si fa così’ “, denuncia una di loro.
Un’altra ostetrica prosegue:
“Quando ero allieva ostetrica mi hanno obbligata a fare una episiotomia su una donna inerme dicendomi: Se non la fai non ti faccio laureare. Ho visto bambini separati dalle loro mamme. Trattati come bambolotti senza alcun rispetto. Ho visto donne subire ripetute manovre Kristeller e finire con distacchi di placenta, inversioni uterine, emorragie e costole rotte. Ho visto donne subire il taglio cesareo anche se l’anestesia non aveva ancora fatto effetto. Ho deciso che non metterò mai piede in un ospedale come ostetrica. Ora assisto i parti a domicilio”.
“Troppi abusi sulle donne, anche da parte di chi dovrebbe tutelarle: il momento del parto è sacro, chi lavora per la salute della donna dovrebbe esserne all’altezza”, scrive Maria Cristina.
Le testimonianze raccolte in precedenza riflettono veri e propri casi di abusi da parte di professionisti che dovrebbero tutelare la donna ed il nascituro in una fase molto delicata di vita.
Alcuni professionisti sono convinti di avere in mano i segreti del parto e di sapere sempre cosa sia meglio per la gestante e suo figlio, finendo così per decidere in maniera frettolosa, omologata e spesso insensibile cosa fare.
É interessante analizzare anche una testimonianza di un padre, lasciato per molte ore fuori dalla sala parto, mentre la mamma di suo figlio gridava disperata:
“Sono stato tenuto separato da mia moglie per ore in sala di attesa, mentre lei era sola a contorcersi”, scrive Daniele.
Concludiamo questa analisi con un messaggio giunto da Alessia:
“Se le suppliche e le richieste educate finora non sono servite, che siano le punizioni i deterrenti, perché, non si può essere maltrattate mentre si dà la vita”.
Simone Gussoni
Fonti: Corriere della Sera
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