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Infermiere in pellegrinaggio salva una vita

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È accaduto nella basilica di Roccamandolfi, in provincia di Isernia, dove un infermiere ha soccorso e contribuito in modo importante a salvare la vita di una donna colta da arresto cardiaco.

Una figura professionale che molto spesso finisce per essere notata solo per episodi di cronaca o presunti casi di malasanità, anche quando non c’entra nulla: è oramai ignorante consuetudine dei media, infatti, disinformare i cittadini attribuendo il titolo di infermiere a qualsiasi operatore sanitario non medico che si aggira per gli ospedali. Che sia un badante, un vecchio infermiere generico, un ausiliario o un operatore socio sanitario poco importa: è più facile sbattere in prima pagina un titolo del tipo “…infermiera taglia per sbaglio un dito a una neonata…” (VEDI) che informarsi e riportare la realtà dei fatti per non gettare fango su una categoria già martoriata da condizioni lavorative al limite della follia, da uno stipendio da fame e da uno scarso riconoscimento a livello nazionale. Sarebbe infatti bastato, nel dubbio, scrivere “operatrice sanitaria”, visto che, ahimé, nel caso specifico (uno dei tanti) non si trattava di un’infermiera.

Comunque… è accaduto di nuovo: un infermiere, fuori dall’orario di lavoro, ha salvato una vita. Perché è questo che fanno, gli infermieri: molto spesso, nel silenzio, salvano vite. E ancora più frequentemente, nell’indifferenza generale, contribuiscono in modo fondamentale alla realizzazione di tutti quei processi che si traducono nella guarigione dei pazienti.

Nella notizia, riportata sul quotidiano locale Caserta Sera (VEDI), è specificato che il professionista sanitario interessato da questa storia a lieto fine ha esplicitamente chiesto al giornale di non raccontare l’accaduto. Timidezza? Modestia? O semplicemente… voglia di non far apparire un gesto assolutamente normale per un professionista sanitario come un infermiere, qualcosa di straordinario? Punti di vista. La testata, comunque, ha deciso di non rispettare l’accordo, col fine di mettere in risalto la professionalità e l’importanza di quelle figure come l’infermiere che, nonostante siano sottovalutate, bistrattate, sottopagate e bersagliate da attacchi gratuiti e privi di fondamento, nella stragrande maggioranza dei casi sono coloro che salvano le vite umane.

Siamo nella Basilica di Roccamandolfi, in provincia di Isernia. Ci sono tante persone, tra cui un gruppo di amici in pellegrinaggio, giunti a piedi da Pietravairano dopo svariati chilometri sotto al sole cocente. Fa caldo, ma all’interno del luogo di culto l’atmosfera è fresca, rilassata e solenne; così la comitiva, godendosi un’ombra mai così ristoratrice, è particolarmente di buon umore.

Tra un po’ sarà ora di tornare, così tutti si apprestano ad effettuare una bella preghiera di ringraziamento. Ma neanche il tempo di concentrarsi e di iniziare la meditazione che poco davanti all’altare della chiesa si scatena una confusa ressa: diverse persone urlano frasi sconnesse fino a che non se ne distingue una inequivocabile: “Aiuto, qualcuno chiami un medico!”. Così, dal gruppo di amici pellegrini, senza neanche un attimo di titubanza si stacca lui, Tommaso, infermiere del pronto soccorso dell’ospedale di Piedimonte Matese. Si dirige con passo svelto verso il manipolo di anime in difficoltà e scorge una donna a terra. Si tratta di un’impiegata comunale di 60 anni.

Sa come comportarsi in questi casi, Tommaso: è il suo ‘pane quotidiano’. Così si presenta, ‘ordina’ ad un ragazzo col telefonino in mano di chiamare i soccorsi, fa allontanare parenti e amici della signora, si china su di lei ed effettua le relative valutazioni e le azioni che le linee guida internazionali sulla rianimazione cardiopolmonare impongono. Si tratta, purtroppo, di un arresto cardiaco e l’infermiere non ha altre alternative che iniziare immediatamente il massaggio cardiaco esterno fino all’arrivo dei soccorsi o di un defibrillatore, che egli richiede a gran voce mentre comprime ritmicamente il torace della vittima. Il presidio non viene reperito, ma dopo diversi minuti arriva finalmente il mezzo di soccorso che riesce a rianimare, stabilizzare la donna e a portarla all’ospedale ‘Ferdinando Veneziale’ di Isernia.

Provvidenziale il massaggio cardiaco di Tommaso, che ha mantenuto gli organi vitali della donna ossigenati fino all’arrivo dell’ambulanza e che ha quindi contribuito in modo ‘vitale’ alla riuscita del soccorso. Sì, perché la signora, ricoverata in rianimazione, è viva . E lo deve ad un infermiere che era lì per caso, in pellegrinaggio.

Una storia come tante, destinata a non suscitare clamore o a diventare ‘virale’ come di solito avviene per le cattive notizie, quelle dove qualcuno sbaglia o impazzisce ed uccide, ma… che parla di verità, di altruismo e di una passione forse inconsapevole, ma di sicuro viscerale, per la propria professione. Qualcosa da divulgare.

Molti fedeli, vista anche la cornice decisamente mistica del fatto, avranno sicuramente gridato al miracolo e ringraziato Dio, ma… senza nulla togliere alla presunta e purtroppo non verificabile intercessione di qualche magnanima divinità, i fatti ci dicono che lì c’era Tommaso, un infermiere di pronto soccorso. Che di fronte ad una persona in difficoltà, ad un altare e a tanti occhi impanicati, ha reso la morte qualcosa di un po’ meno… inevitabile.

Alessio Biondino

Fonte: Caserta Sera, Vairano News

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