Duro atto d’accusa del presidente Aadi, Mauro Di Fresco, in occasione della presentazione dell’opuscolo sul demansionamento presentato a Barletta dall’Ipasvi Bat. “Vanno cacciati gli insegnanti che preparano gli infermieri a fare i portantini”
Infermieri demansionati? La questione è vecchia quanto la professione. Anzi, con ogni probabilità, la prima non si è mai affrancato dal secondo, nonostante gli infermieri, oggi, si formino in università con tanto di corso di laurea.
“Ma purtroppo in università gli studenti vengono preparati a fare gli ausiliari”.
A parlare è il professor Mauro Di Fresco, presidente dell’Aadi (l’Associazione avvocatura di diritto infermieristico) e le sue sono dichiarazioni al vetriolo, nello stile reazionario dell’associazione che rappresenta. Lo abbiamo incontrato a Barletta in occasione della presentazione dell’opuscolo sul demansionamento presentato dal Collegio Ipasvi della Bat.
Un lavoro che fotografa quanto accade nelle strutture sanitarie della sesta provincia pugliese, dove per ogni operatore socio sanitario ci sono 17 infermieri. Uno sbilanciamento che produce il fenomeno del demansionamento, come hanno potuto accertare i componenti della Commissione dell’Ipasvi.
Eppure gli infermieri, come spiegato dal professor Di Fresco, hanno responsabilità civili e penali nello svolgimento del loro lavoro. Una contraddizione che, aggiunge il presidente dell’Aadi, conferma come “gli infermieri lavorino tra l’incudine e il martello. Se le istituzioni non aiutano gli infermieri a lavorare adeguatamente, si rischia di costruire una classe infermieristica criminale”.
Altre parole forti che Di Fresco argomenta in maniera dettagliata: “Le strutture pubbliche devono garantire la presenza, 24 ore su 24 anche di personale socio-sanitario o ausiliario. Tutta l’attività igienica, domestica e alberghiera non la può fare l’infermiere che invece deve essere dedicato alle attività che attengono alla salute del paziente. L’infermiere deve stare in corsia e monitorare l’evoluzione clinica di tutti i pazienti”.
Dalla teoria alla pratica o, se si preferisce, alla dura realtà, il passo è breve. Ci sono gli ordini di servizio, come spiegato nell’opuscolo dell’Ipasvi Bat, che certificano il demansionamento infermieristico.
Servirebbe il personale ausiliario ma non ci sono le risorse per le assunzioni: in altre parole, il demansionamento sarebbe figlio del difficile momento economico. “Non è vero che non ci sono i soldi e non è vero che c’è carenza di personale” ribatte Di Fresco allargando la sua visione a tutto il territorio nazionale.
“L’infermiere è sempre stato demansionato sin dal 1974, quando esisteva il mansionario che limitava questo fenomeno, non è stato mai rispettato”. Così il problema è più culturale che economico e, su questo, il professor Di Fresco va giù duro: “Nelle università si rilascia la laurea in infermieristica dopo tre anni di corso, ma di universitario c’è ben poco. Gli studenti vengono preparati a fare gli ausiliari”.
Accusa circostanziata quella del presidente Aadi: “Ci sono libri di infermieristica dove vengono riprese le lezioni su come pettinare i pazienti o radere la barba. Sono cose assurde perché non c’è bisogno di una laurea pere pettinare i capelli di una persona. L’infermiere – sentenzia Di Fresco – nasce dall’università pronto per fare l’ausiliario”.
Di chi è la responsabilità? “Di quegli insegnanti che preparano gli infermieri a fare i portantini. Andrebbero cacciati” attacca il presidente Aadi. “Quando un infermiere laureato entra in un reparto ad alta specializzazione rimane basito perché è circondato da questi strumenti che non ha mai visto. L’infermiere, durante il corso di laurea, ha visto solo pannoloni e lenzuola”. Benvenuti nel mondo del demansionamento.
Salvatore Petrarolo
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