Un grande professionista con una lunga e brillante carriera professionale, ma anche un grande uomo che ha trasmesso tanto a diverse generazioni di professionisti sanitari
Chi come me ha avuto la fortuna di incrociarlo nei primissimi anni di carriera, non può che esprimere gratitudine per quanto appreso da un maestro come lui che ha saputo trasmettere tenacia, grinta e tanta passione per questa nostra professione che vede nel soddisfacimento di un bisogno di salute del cittadino, l’obiettivo finale dell’azione professionale.
Labriola Cataldo, medico cardioanestesista, responsabile del Servizio di Cardioanestesia e dell’Unità di Terapia Intensiva e Rianimazione dell’Ospedale “Santa Maria” di Bari, con un curriculum strepitoso, ottiene la specializzazione in Anestesiologia e Rianimazione presso l’Ospedale Molinette di Torino. Una formazione che è continuata in diverse strutture europee ed americane. Due volte Primario nel pubblico, nel Servizio di Cardioanestesia e Rianimazione dell’Ospedale San Carlo di Potenza e dell’Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica e del Servizio di Cardioanestesia presso l’Ospedale Pediatrico “Giovanni XXIII” di Bari, diverse sono le pubblicazioni scientifiche, con una casistica davvero impressionante.
Buongiorno dott. Labriola, la redazione di Nurse Times la ringrazia per aver accettato la nostra intervista. Una carriera impressionante con curriculum che abbiamo cercato di sintetizzare…quali sono stati i suoi riferimenti formativi?
La mia carriera ospedaliera si è svolta per lo più al san Carlo di Potenza, dove sono diventato primario a 39 anni, i miei riferimenti formativi sono le Molinette di Torino e, soprattutto, il “National Heart Hospital” e “The Hospital for Sick Children di Londra”. Ma negli anni 80 ho visitato numerosi centri europei ed americani.
Sempre più spesso si parla di competenze avanzate degli infermieri, che vede ahimè l’opposizione di una parte medica che critica questa avanzata professionale. Cosa ne pensa?
Io ho capito il ruolo dell’infermiere professionista a Londra, dove andai per imparare la cardioanestesia e la terapia intensiva in cardiochirurgia nel 1975-76. Da allora ho sempre lavorato prestando attenzione massima e continua alla crescita professionale degli infermieri che collaboravano con me, avendo capito sin da allora che un elevato standard assistenziale infermieristico consente al medico di far meglio il proprio lavoro e di raggiungere risultati insperati in Terapia Intensiva e Rianimazione.
Al ritorno da Londra, al San Carlo di Potenza, cercai di realizzare tutto quello che avevo imparato, concretizzando già alla fine degli anni 70 la famosa “cartella infermieristica” che ancora oggi appare un miraggio in molti ospedali. Devo dire che, già durante quegli anni i miei collaboratori infermieristici avevano piena responsabilità nel trattamento e nel monitoraggio dei pazienti in UTI; avevano una piena padronanza dell’EGA, sapevano guardare un Rx del torace, ecc; anche lo svezzamento dal ventilatore era gestito da loro, esattamente come succede oggi.
Un infermiere competente è una risorsa non solo per il paziente, ma anche per il medico che può contare su più tempo libero per il suo aggiornamento e le sue ricerche.
Durante la sua lunghissima e brillante carriera ha avuto modo di collaborare con tantissimi professionisti, come è stato il suo rapporto con la parte infermieristica?
Il rapporto con i miei infermieri è stato sempre ottimo, perchè gli infermieri che hanno lavorato con me si sono in genere sentiti appagati professionalmente.
Ma oltre al rapporto professionale ho sempre curato il rapporto umano. Una serata al ristorante o in pizzeria per festeggiare il successo di qualche caso particolarmente difficile trattato con successo, è un collante indispensabile per motivare e tenere legato il “team”. Anche degli insuccessi bisogna parlarne per cercare di accumulare preziose esperienze; spesso insegnano più i casi andati male, anche se l’impegno assistenziale è stato irreprensibile.
Alcuni infermieri diventano così bravi da incominciare a ragionare come il medico; questo passaggio può essere delicato, in quanto l’infermiere quando si accorge di avere più esperienza del medico di turno può comportarsi in maniera non corretta. Occorre maturità e responsabilità per gestire queste situazioni. Per sdrammatizzare queste situazioni, sono solito dire all’infermiere in causa: “Cerca di rimanere quello che sei, un ottimo infermiere; di medici mediocri già ce ne sono abbastanza!!!”
L’infermiere anestesista una figura già presente da anni nel mondo anglosassone, arriveremo anche in Italia?
Si, ci vorrà ancora qualche anno ma ci siamo…
La sanità secondo il dott. Labriola…gestione pubblica o privata?
La sanità dovrebbe essere condotta, innanzi tutto, bene. Il problema in Puglia è che sia la sanità privata che quella pubblica vanno male perchè sono gestite, entrambe, non male, malissimo.
Vendola aveva stanziato fondi per l’abbattimento delle liste d’attesa; risultati: milioni buttati al vento, liste d’attesa addirittura allungate, mobilità sanitaria aumentata.
Perchè?
Perchè i soldi sono andati a singole figure professionali (i primari) non decisive per il risultato; altre figure dovevano essere motivate per ottener qualche risultato, e controlli seri sarebbero stati d’obbligo.
Dove funziona la sanità pubblica non c’è spazio per quella privata. Un esempio: il Veneto; ho visitato di recente l’Ospedale di Venezia-Mestre e l’Ospedale di Padova. Niente da dire. Alti ritmi lavorativi, alta qualità, attività di trapianti d’organo intensissima.
Non è un caso che in Veneto non ci siano strutture private. Non è un caso che in Puglia tutto sia complicato, i trapianti (e le donazioni d’organo) non decollano, le cliniche private si moltiplicano anche se non garantiscono alti livelli assistenziali.
Nel video che ritrae la sua commozione durante la festa a sorpresa per il suo 70esimo compleanno a cui hanno partecipato tantissimi suoi collaboratori che hanno avuto la fortuna di conoscerla, cosa ha pensato?
Incontrare i collaboratori appartenenti a “tre generazioni professionali” che si ricordano di te, che si sono fatti “contagiare” dalla tua passione per il paziente critico, e che ti dimostrano tutti insieme stima ed affetto, beh è una esperienza che non credo sia capitata a molti miei colleghi. In quella sala c’era il mio passato, il mio presente ed il mio futuro.
Si, il futuro: prima di ritirarmi voglio ancora contagiare un’altra generazione…
Un messaggio ai suoi collaboratori….
Vogliamoci bene.
Siamo certi, anzi certissimi che l’affetto dei suoi collaboratori è reale e sincera…lo dimostra il video che vi mostriamo di seguito in occasione del suo compleanno.
Giuseppe Papagni
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