In occasione del Sanit 2016, nota kermesse sanitaria, annuale, mi sono improvvisata giornalista
Ogni volta che c’è un occasione dove è presente il Collegio IPASVI di Roma, c’è Matilde Napolano. La “signora” dell’infermieristica Romana. Una presenza riguardosa, pregevole.
Come un fulmine a ciel sereno, ho salutato Matilde, che sedeva allo stand IPASVI e le ho chiesto di poterla intervistare. Inizialmente ha rifiutato, nella sua inconfondibile umiltà, rimandandomi, immediatamente, ad intervistare la Presidente dell’IPASVI e/o uno dei Consiglieri.
Parole su parole, mi sono ritrovata alla fine, a parlare e quindi intervistare la “signora” del collegio IPASVI di Roma: Matilda.
La mia prima domanda, anche per rompere il ghiaccio, per capire se fosse entrata al Collegio prima o dopo Gennaro Rocco, il primo presidente IPASVI che ho conosciuto. Matilde sostiene di essere entrata nel collegio IPASVI di Roma ben 6 anni prima del Dott. Gennaro Rocco.
Lei è stata consigliera del collegio per 11 trienni. Da due anni non lo è più, ma il suo impegno al collegio continua nell’affiancare l’organizzazione dei corsi di inglese.
La “signora” del collegio IPASVI di Roma è entrata quando la Presidentessa del Collegio era Irma Ballabio, presidente dal 1981 al 1990, ex direttrice della Scuola Infermieri del Policlinico Gemelli, scuola Armida Barelli, poi Direttrice della scuola DAI.
Sentir descrivere la Presidente del collegio come la “signorina Ballabio”, mi ricordava una forma di rispetto caratteristico dei tempi passati, ma, sempre apprezzabile.
Infermiera dal 1965, dopo aver frequentato il biennio alla “Scuola convitto per Infermiere San Giuseppe di Roma” al Trionfale. Entrò nella Scuola a 18 anni e non ha mai rimpianto quella scelta, ad essa attribuisce la sua formazione e la sua “crescita”.
La mamma Antonietta era cuoca della Clinica S.Giuseppe e del convitto ed era contraria alla sua scelta di diventare infermiera perché riteneva che fosse troppo sacrificante, ma lei non si lasciò intimorire. Galeotto fu un libro, che le fece fare, convintamente, la scelta: “Gli angeli della notte” di Archibald J Cronin.
La storia di Anna una giovane infermiera che svolgeva il suo lavoro con scrupolo e dedizione, l’aveva colpita; lesse il libro in pochissimo tempo. Lei mi ha detto esattamente: “la mia visione infermieristica cambiò con il libro di Cronin”.
Avrei ascoltato Matilde per ore, mi piaceva il suo modo di riportare le vicende da lei vissute, mi sarebbe piaciuto sentirla raccontare episodi ed eventi, così da evidenziare le differenze con le attuali attività.
Durante il corso da infermiera, mi raccontava, era consuetudine controllare le attività svolte, anche durante lo smonto notte. Ovviamente l’ordine e il riordino erano un dictum irrinunciabile ed improcrastinabile. Durante il suo corso d’infermiera, un mantra, una nenia, che si sentiva ripetere spesso era: “ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa!”
Lei rammentava che al termine di una lunga e faticosa notte in ortopedia, una caposala passò per il consueto controllo. Avevano riordinato, ma, forse non approfonditamente, la notte era stata veramente pesante. Ad ogni modo, la coordinatrice aveva enfatizzato la polvere sugli interruttori, ella ricordava: “quanta polvere su questi interruttori?” Ciò nonostante era grata a cotanta rigidità.
La Napolano cominciò a lavorare nel 1965. Lavorò, da subito nel “Centro Prevenzione Tumori”. Dal gennaio 1972 al 1974 decise di seguire il suo amore spostandosi a Modena, nell’ospedale civile.
Purtroppo, l’amore finì e nel 1975, Matilde tornò a Roma e cominciò a lavorare presso il poliambulatorio di via San Martino della battaglia. Lei è una donna che ha visto tutte le riforme del Sistema Sanitario Nazionale. Però a differenza di molte altre infermiere, ha vissuto le variazioni, non le ha subite inconsciamente. Sono sicura che in parte ha potuto viverle da vicino, forse anche cavalcarle?
Divenne consigliera del collegio IPASVI nel 1980. La sede del collegio IPASVI di Roma era in Corso Vittorio Emanuele, ed era composto da due stanzette. All’ora gli iscritti erano circa 3000. Le prime convocazioni venivano scritte ed imbustate a mano, il numero degli iscritti era più modesto rispetto ai 30.000 circa attuali e divenne urgente la necessità di una Sede più grande, prima in Via Principe Eugenio e poi nell’attuale sede di Viale Giulio Cesare.
La domanda successiva su cosa le fosse mancato: le mancava la corsia ospedaliera.
Aveva i genitori bisognosi di cure, quindi aveva dovuto rinunciare al suo sogno d’infermiera in corsia.
La ho chiesto, forse un po’ provocatoriamente, ma anche con un po’ di curiosità, se avesse rilevato differenze tra i percorsi di studio passati e quello attuale, e se avesse potuto indicare le differenze tra le infermiere di oggi e quelle del passato.
La Napolano non si è sbilanciata, benché son convinta che un’opinione ce l’avesse.
Mi ha risposto che gli infermieri di oggi, hanno una consapevolezza diversa: l’età d’inizio del percorso di studi d’infermieristica potrebbe essere stato uno degli elementi. Una volta la pratica era l’elemento trainante del percorso di studi, ora è la teoria. Ma gli infermieri generati dai due percorsi di studi sono sovrapponibili.
La cosa che raccomanda ai nuovi Infermieri è di non delegare la cura e l’assistenza al paziente perché solo rimanendo accanto a loro si realizza veramente la “nostra“ professione.
Le ho chiesto se avesse mai pensato a scrivere un libro…lo riteneva complicato ed impegnativo, anche se aveva ricevuto lo stesso suggerimento dal Dott. Gennaro Rocco.
Forse la sua umiltà ed il modo di porsi dovrebbe essere insegnato a scuola.
Con grande rispetto
Laura Rita Santoro
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