Il prossimo dicembre termina il triennio di formazione ECM. L’impegno del Collegio IPASVI di Firenze per gli iscritti
Tempo di bilanci per l’ECM, l’educazione continua in medicina, processo formativo attraverso il quale infermieri e professionisti della salute si mantengono aggiornati per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze del servizio sanitario nazionale e al proprio sviluppo professionale.
Termina, infatti, il prossimo 31 dicembre il triennio di formazione, ma la situazione che dal 2014 si è venuta a creare è ancora a “macchia di leopardo” anche nel mondo infermieristico.
“Il 23 novembre scorso nel convegno “Le professioni sanitarie ed il sistema ECM tra presente e futuro” – spiega Alessandro Mancini, referente della commissione formazione del Collegio IPASVI di Firenze – si è discusso delle modifiche necessarie ad implementare le competenze, per migliorare la formazione continua dei professionisti sanitari nei prossimi anni”.
Un’occasione per approfondire anche alcuni dati sugli ultimi due trienni. Quel che è emerso dalle statiche è il sostanziale aumento della partecipazione globale alla formazione ECM (grazie all’importante impulso della FAD in termini di eventi proposti e numero di partecipanti), ma anche la lontananza dall’obiettivo prefisso di un consistente numero di professionisti. Proprio per ridurre questa criticità, nel nuovo triennio, saranno attivate alcune modifiche che consentiranno di acquisire crediti ECM mediante l’accreditamento presso l’Ente ordinistico di appartenenza entro il limite del 60 per cento del debito formativo complessivo (attività di ricerca, sperimentazioni cliniche documentabili con pubblicazioni scientifiche), lasciando il restante 40 per cento alla formazione FAD e residenziale. Senza dimenticare la possibilità, per un massimo del 10 per cento sul debito formativo totale, dell’accreditamento dell’autoformazione e l’eliminazione dei target minimi e massimi da conseguire nel singolo anno formativo.
Inoltre il professionista che decida di mappare il proprio fabbisogno formativo all’inizio del triennio 2017-2019 avrà un bonus di 10 crediti, che diventeranno 20 per il triennio successivo a condizione che al termine dei primi tre anni il dossier formativo/di gruppo sia stato programmato correttamente (le aree individuate devono essere coerenti con il profilo di attività del professionista, che deve raggiungere almeno il 70 per cento dei crediti indicati a consuntivo).
“Occorre ricordare – precisa Mancini – che l’obbligo di conseguire i crediti formativi ECM è ad oggi parte integrante sia dei codici deontologici sia della normativa statale con la legge n. 214/2011 che individua nella violazione dell’obbligo di formazione continua un illecito disciplinare, sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale”.
Esistono, tra l’altro, molte tipologie di sanzione “indiretta”. Nel contesto delle ispezioni sulla certificazione della qualità, per esempio, le aziende devono dar conto dell’ottemperanza all’obbligo dei crediti ECM da parte dei professionisti, al fine di evitare possibili revoche di accreditamenti e convenzioni con il SSR. Per l’infermiere, inoltre, l’impossibilità di documentare l’adempimento all’obbligo formativo può inficiare negativamente l’esito di un eventuale giudizio del giudice.
“Dal momento che il non adempimento dell’obbligo di formazione – puntualizza Mancini – è considerato un illecito professionale, in questi tre anni il Collegio IPASVI di Firenze ha promosso molte iniziative per consentire agli infermieri iscritti di poter adempiere a questo obbligo. Il Collegio ha organizzato corsi sul tema della qualità, etica, comunicazione, buone pratiche (EBN) grazie all’acquisizione del provider ECM. Si tratta di una delle esperienze più significative a livello nazionale, che a fronte di un investimento di risorse ha permesso di acquisire un importante know how e di dare risposte agli iscritti strutturando percorsi ad hoc in base alle esigenze formative degli stessi infermieri”.
Se, dunque, molto è stato fatto, tanto resta ancora da fare.
Gli infermieri dovrebbero, prima di tutto, frequentare corsi spendibili nel contesto lavorativo dove operano. Le organizzazioni sanitarie, dal canto loro, dovrebbero favorire lo sviluppo di capitale umano per migliorare la qualità del livello di assistenza agevolando una formazione on the job, che valorizzi gli specifici contesti con professionisti motivati e ben formati.
In questo senso, una grossa spinta al cambiamento è arrivata dalla Tessera Professionale Europea che individua e definisce il profilo delle competenze infermieristiche. Competenze che dovrebbero trovare un adeguato riconoscimento professionale ed economico.
“Gli infermieri – precisa ancora Mancini – hanno modificato il loro percorso formativo di base e post. Eppure ci sono ancora delle criticità evidenti. I master, per esempio, che dovrebbero formare un professionista consapevole della visione di sistema sono ancora poco orientati verso questa direzione”.
Occorre, quindi, favorire la sinergia dei vari attori della rete formativa per correggere e reindirizzare la formazione stessa. Il conseguimento di competenze maggiormente spendibili nel contesto lavorativo migliora, infatti, la percezione degli infermieri che esercitano la professione e dei cittadini che si avvalgono dei servizi di assistenza.
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