La riflessione di Abukar Aweis Mohamed, consigliere del Collegio IPASVI di Firenze con delega Migrazione, Cooperazione sanitaria e relazioni internazionali
Firenze, 1° gennaio 2017 – Sono circa 100 le nuove domande d’iscrizione all’albo degli infermieri del Collegio Ipasvi di Firenze. Si tratta di neolaureati usciti in questi ultimi mesi dalle Università e già idonei a svolgere la professione dopo l’iscrizione all’Albo, come la normativa vigente impone.
Sono laureati, preparati nelle nostre università, capitale umano prezioso sul quale investire e programmare le politiche del lavoro.
Invece tutto lascia pensare che gli “incentivi” siano a migrare oltre Manica, dove le politiche del lavoro considerano gli infermieri come esercenti di una professione intellettuale e le organizzazioni vedono nei giovani infermieri italiani una risorsa appetibile per competenze, approccio professionale e basso costo.
Meno opportunità di lavoro, meno occupazione, meno valore professionale ed economico: su questi problemi si dovrebbe interrogare chi fa politica e programmazione socio economica.
Oggi i laureati se ne vanno e il patrimonio culturale viene sfruttato da altri Paesi esteri.
Una politica incomprensibile, visto che negli ospedali italiani occorrono almeno 47.000 infermieri (fonte Repubblica, 18 luglio 2016). Mancano dunque lungimiranza, coinvolgimento professionale, ricerca, ricambio generazionale.
L’età media dei professionisti in servizio è aumentata, i turni di lavoro non sono sostenibili, la popolazione invecchia, i bisogni di assistenza sono sempre crescenti sia in ospedale sia sul territorio, non si capisce quindi come mai progetti chiave quali l’infermiere di famiglia-comunità stentino a decollare, forse perché non trovano l’approvazione dei poteri forti storicamente accentratori?!
Cosi la fuga dei giovani neolaureati infermieri è sempre in crescita, inarrestabile.
All’inizio degli anni 2000, l’Italia attirava infermieri dall’estero, oggi i flussi migratori si sono invertiti anche se l’immigrazione di fatto non si è arrestata, dato che continuano ad arrivare infermieri sudamericani, asiatici e dai paesi est Europa.
Sembra quasi un fenomeno di scambio dove noi formiamo infermieri brillanti, motivati, ansiosi di entrare nel mondo del lavoro per mettere in pratica quanto acquisito nei corsi di studi, aiutando chi ha bisogno e contribuendo alla crescita del Paese.
Ma l’Italia sembra non curarsi di questa dispersione di capitale umano, la Patria impiega i suoi neolaureati affidandoli al precariato delle agenzie interinali, oppure inibisce la libera iniziativa del lavoro autonomo con carichi fiscali insostenibili. Neppure dal punto di vista normativo gli infermieri riescono a ottenere soddisfazione, a causa di una normativa vetusta che non valorizza la professione infermieristica e i suoi esercenti. Si consideri anche il clima lavorativo che si è venuto a creare nelle strutture sanitarie pubbliche e private, con il taglio delle risorse, il blocco del turn over e dei contratti, oramai sull’orlo del decennio, tutti elementi che ricadono sui professionisti, fucina di stress lavoro correlato, scarsa qualità, aumento del rischio di errori.
Tra il 2015 e il 2016, circa 90 giovani infermieri se ne sono andati da Firenze e provincia, destinazione Usa, Inghilterra, Canada, Irlanda e Germania. Noi non vogliamo perdere queste risorse, vogliamo che siamo impegnate e valorizzate in patria, nei servizi di assistenza al cittadino, italiano o straniero che sia.
Fatto salvo in diritto di circolarità globale, come previsto dal Codice globale di condotta per il reclutamento internazionale del personale sanitario dell’Oms, che va visto come un’opportunità di arricchimento di cultura ed esperienze da riportare e spendere in patria.
Riguardo a questo, il Ministero della Salute dovrebbe semplificare la pratica di riconoscimento di competenze e titoli acquisiti dall’estero, senza ovviamente distinzione tra lavoro pubblico e privato.
È stato intanto trasferito alle Regioni il riconoscimento del servizio sanitario prestato all’estero ai fini della partecipazione ai concorsi indetti a livello regionale ed infra-regionale, ed ai fini dell’accesso alle convenzioni con le Usl per l’assistenza generica e specialistica, di cui alla legge 10 luglio 1960, n. 735, e all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761.
Quindi gli infermieri residenti in Toscana che desiderano far riconoscere i periodi di servizio svolto all’estero devono farne richiesta alla Regione Toscana, competente la Direzione Diritti Cittadinanza e Coesione Sociale, Direttore Monica Piovi, al seguente link i contatti:
https://www301.regione.toscana.it/bancadati/uffici/Strutture.xml?cmu=50116.
L’auspicio è che questa procedura possa essere più semplice possibile. Migrare all’estero dovrebbe essere per i nostri giovani una libera scelta alternativa e non l’unica via possibile per esercitare dignitosamente la professione scelta.
Abukar Aweis Mohamed
Consigliere Collegio IPASVI di Firenze con delega Migrazione, Cooperazione sanitaria e relazioni internazionali
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