Infermiere: “ Buongiorno Dottor P. sono l’infermiere esperto in vulnologia e sono qui per..”
Dottor P : “Vulno che?”
Troppo spesso si assiste a questo tipo di situazioni in quanto grande è la porzione di personale sanitario e non che ancora ignora il grande mondo che è costituito dalla Vulnologia, dal latino ” Vulno, vulneris” ferita e nasce a Torino alla fine degli anni Ottanta con il Professor Elia Ricci. La prevenzione, la gestione, la cura e guarigione della lesione cutanea viene quindi presa in carico dall’infermiere esperto in vulnologia che possiede particolari conoscenze e vuole differenziarsi dalla mentalità del “si è sempre fatto cosi” e pone il suo elaborato sempre in discussione confrontandolo sempre con le linee guida e le ultime evidenze scientifiche.
La realtà delle ulcere cutanee è in continua evoluzione ed in continuo aumento tanto che le ultime ricerche in Italia riportano che 2 milioni di persone lottano ogni giorno lesioni da decubito, ulcere vascolari, piede diabetico, ustioni, lesioni da trauma. Tra le cause sopratutto il progressivo invecchiamento e patologie come il diabete, l’ipertensione e l’obesità; la prevalenza delle ulcere degli arti inferiori (tutte le possibili cause incluse) è dell’1% circa nella popolazione totale e del 3,6% nella popolazione con età superiore a 65 anni. Per le ulcere del piede diabetico si registra un’incidenza del 15% dei pazienti diabetici. Le ulcere da pressione o da decubito affliggono circa l’8% dei pazienti ospedalizzati e tra il 15% e il 25% di quelli ricoverati nelle strutture di lungodegenza o case di riposo.
Ciò che accade quotidianamente quando un’infermiere si trova di fronte una lesione è d’impostare direttamente il trattamento secondo le proprie conoscenze, l’approccio dell’infermiere esperto invece è quello di inquadrare il paziente in una visione olistica volta ad identificare e trattare le patologie che potrebbero favorire l’insorgenza di ulcere od ostacolarne la guarigione. Il primo passo per una giusta gestione delle lesioni da pressione è rappresentato dalla valutazione del rischio di svilupparle in quanto la non prevenzione è la prima causa d’insorgenza e rappresenta quindi la prima sconfitta per noi infermieri. Ridurre infatti l’incidenza e la prevalenza ha importanti risvolti in termini di miglioramento della qualità di vita del paziente, di riduzione del carico di lavoro infermieristico, nonché di riduzione dei costi diretti ed indiretti.
La misurazione del rischio può essere fatta attraverso l’uso di scale di valutazione che permettono di identificare e quantificare i diversi fattori analizzando parametri fondamentali quali mobilità, stato nutrizionale, incontinenza, stato generale del paziente, peso ed età, stato mentale, uso di farmaci, patologie associate al fine di ottenere una standardizzazione del rischio stesso.
Massimo Randolfi
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