Marco Contro si rivolge alle strutture del suo territorio dopo quanto accaduto ad un collega di Ancona di 60 anni che rischia il provvedimento disciplinare solo per essersi rifiutato di fare un terzo turno dopo 14 ore di lavoro
ROVIGO – Nessuna intenzione di lavorare meno, ma la ferma volontà di lavorare meglio. Non uno slogan fine a se stesso quello del presidente del Collegio Ipasvi della provincia di Rovigo, Marco Contro. Si tratta, piuttosto, di un appello accorato e ragionato rivolto alle realtà sanitarie della sua provincia. “Chiediamo solo di essere posti nelle migliori condizioni possibili per fornire assistenza adeguata e sicura – scrive Contro in un comunicato stampa – eliminando tutte le possibili fonti di rischio. Non solo. Chiediamo ed esigiamo il rispetto dovutoci come professionisti della salute sia da parte dell’utenza che da parte delle istituzioni e delle Amministrazioni presso cui svolgiamo con impegno la nostra attività professionale. Come infermiere e come attuale presidente del Collegio Ipasvi di Rovigo, chiedo all’Azienda Ulss 5 Polesana e a tutte le strutture che erogano cure ed assistenza sul nostro territorio, di attivarsi investendo con serenità sulla sicurezza a 360 gradi, per individuare le eventuali disfunzioni e carenze del sistema e chiedo un concreto impegno sul fronte del benessere organizzativo, sul presupposto che un sistema in cui si lavora bene è un sistema che lavora bene”.
Quello di Contro non è un ragionamento astratto, ma prende le mosse da eventi concreti. Ed è lo stesso presidente rovigino a spiegare quale sia stato il “casus belli”: “L’ormai tristemente nota vicenda del collega di Ancona, prossimo alla pensione, ha messo in luce le aberrazioni del sistema, che vede impegnati in turni massacranti infermieri sempre più avanti con gli anni (una media di 48 anni), i quali, anziché ricevere le giuste e doverose lodi per l’abnegazione con cui svolgono eroicamente la propria attività professionale, sono invece sottoposti a provvedimenti sanzionatori gravissimi, solo perché richiedono un po’ di riposo, al fine unico di ritemprarsi per poi poter continuare al meglio a prendersi cura dei propri pazienti”.
Era stata una collega dell’infermiere anconetano a prendere carta e penna per scrivere al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ed evidenziare una sorta di aberrazione del sistema, una vicenda a dir poco kafkiana: perché l’unica colpa di quell’infermiere era stata, dopo aver lavorato 14 ore su 24, chiedere alla propria coordinatrice di poter riposare il pomeriggio nonostante fosse di turno. “Tutto ciò accade quando la responsabilità per il malfunzionamento di questo pericoloso e radicato sistema – sostiene Contro – è fatta ricadere unicamente sul professionista che, quando chiede aiuto perché fisicamente esausto, rischia, come è successo ad Ancona, di vedersi applicare la normativa disciplinare senza che vengano in alcun modo considerate le circostanze particolari del caso concreto. Tutto ciò ha causato enorme stupore e disappunto all’interno di tutta la rappresentanza istituzionale della comunità infermieristica, che ha condotto la Federazione Nazionale, per bocca della Presidente Barbara Mangiacavalli ad intervenire presso il Ministro Lorenzin denunciando questi fatti gravissimi, non solo per esprimere la solidarietà dell’intera professione ai colleghi, ma e soprattutto per invocare una soluzione ad una situazione inammissibile, che al danno aggiunge la beffa. All’indomani dei fatti di Ancona e di altri casi simili – aggiunge Contro – noi infermieri continueremo e proseguiremo comunque a svolgere con professionalità il nostro lavoro, perché, malgrado tutto, abbiamo la coscienza della nostra mission”.
Il presidente Ipasvi della provincia di Rovigo riflette, infine, poi sulla situazione sanitaria nazionale e locale: “Che senso ha parlare di buona sanità e di benessere organizzativo quando si verificano simili abnormità, evitabili col solo uso di razionalità e buonsenso? Forse non è ancora chiaro a tutti che all’interno del sistema sanitario l’infermiere, per la sua formazione e per il percorso storico seguito dalla professione, rappresenta una figura chiave nel perseguimento dell’obiettivo comune di garantire un’assistenza qualificata ed adeguata a tutte le persone che, con fiducia, ricorrono alle strutture sanitarie per avere una risposta soddisfacente ai propri bisogni di salute. L’infermiere è una risorsa insostituibile da valorizzare anziché renderlo oggetto di ingiuste sanzioni”.
Salvatore Petrarolo
Foto: web
Lascia un commento