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Caso Charlie: Infermieri e Medici che curano il bimbo minacciati di morte

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La storia riguardante il piccolo Charlie si arricchisce di un nuovo capitolo. Medici e Infermieri dipendenti dell’ospedale nel quale è ricoverato il bimbo hanno ricevuto numerose minacce di morte.

Charlie Gard è un bambino affetto da encefalopatia dovuta a mutazioni RRM2B ricoverato presso il Great Ormond Street Hospital, in attesa della decisione definitiva riguardante l’interruzione dei trattamenti.

Infermieri e medici dell’ospedale sono stati vittime di minacce di morte, sarebbero loro i principali responsabili di questa situazione, secondo l’opinione pubblica britannica.

Migliaia di cittadini non vogliono che venga staccata la spina al piccolo Charlie attribuendo al personale sanitario le principali colpe di questo caso mediatico.

Il personale ospedaliero, basandosi sulle decisioni emanate dalla Corte Europea dei diritti umani, ha ipotizzato una morte dignitosa per il bimbo di 11 mesi.

I genitori, ormai estremamente provati da questa terribile situazione, vorrebbero trasferire il piccolo negli Stati Uniti oppure al Bambin Gesù di Roma, inseguendo la speranza che una cura diversa possa portare a risultati inattesi.

Mary Macleod, la presidente dell’ospedale britannico che ha in cura il piccolo Charlie ha espresso come “sia comprensibile la compassione delle persone per la situazione”.

Ha rilasciato anche una dichiarazione al giornale inglese Guardian parlando delle minacce di morte e affermando come “migliaia di messaggi contenenti minacce di morte sono stati inviati a medici e infermieri nella scorsa settimana. Abbiamo ricevuto denunce di comportamenti inaccettabili all’interno dell’ospedale stesso».

I genitori del piccolo Charlie demonizzano il comportamento ostile da parte dell’ospedale criticando aspramente la situazione. Chris Gard e Connie Yates, hanno espresso più volte le loro perplessità circa l’operato di medici ed infermieri.

«Le persone hanno opinioni diverse e lo accettiamo, ma c’è una linea che non deve essere superata».

Spetterà all’Alta Corte cercare di fare chiarezza questo caso e questa storia, divenuta ormai di dominio pubblico.

 

Simone Gussoni

Fonti: Ansa

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