Ogni anno, ad agosto, la metà di medici e infermieri risulta essere in ferie. Si perde un posto letto su 3. Per il presidente dell’Anaao è colpa del blocco delle assunzioni, che hanno fatto collezionare ai lavoratori migliaia di giornate di riposo non godute.
“Il paziente al centro”. Quante volte, questo nobile concetto, ha fatto vibrare l’aria diretta ai nostri padiglioni auricolari? Tante. Forse troppe. Anche e soprattutto da quando mettere l’utente al centro di tutto e al di sopra di tutto, purtroppo, è diventato pura utopia e, troppo, spesso, una fandonia bella e buona. I motivi sono tanti, tra cui la crescente aziendalizzazione della sanità che sta portando, inevitabilmente, a spostare man mano questo “centro” verso altri interessi. Un po’ meno nobili, ma di sicuro più redditizi. Frequentemente mascherati.
“Il paziente al centro”. Fatto sta che d’estate si ritorna puntualmente a parlare della fuga pressoché incontrollata dai nostri ospedali. E non dei ricoverati, che potendo lo farebbero molto volentieri, ma… del personale sanitario. In blocco. Verso chissà quali lidi, pregni di euforia, allegria e relax. Per carità, il riposo e le ferie sono sacrosante, per i lavoratori. Però come diavolo è possibile che in tutta la penisola, ogni santo agosto la metà di medici e infermieri sia assente per ferie e si perda un posto letto su 3?
“Il paziente al centro”. Un ritornello che, oramai, forse viene utilizzato solo per stimolare a “produrre” di più, in qualche modo, le ultime ruote del carro della sanità; come il personale assistenziale: ed ecco che bisogna compensare di nuovo le carenze, maggiori di quelle già presenti (in quanto croniche), ecco che bisogna sostituire pure chi è al mare o in montagna, ecco che bisogna stringere i denti fino quasi ad incrinarli per resistere all’inevitabile e ciclico bagno di letame fatto di sfruttamento, turni massacranti e demansionamento. Che investono chi rimane a lavorare. Spesso personale precario, assunto solo per i mesi estivi e disposto a tutto pur di lavorare.
“Il paziente è al centro”. Eppure, oltre a quelli che ci sono ancora e che a volte si ritrovano ad essere ostaggio di battaglioni di bacherozzi (VEDI), i posti letto che si sono volatilizzati dal 2009 ad oggi, tra ospedali chiusi e tagli vari, sono la bellezza di 18.000. Soprattutto nel Sud, dove a compensare lo svuotamento delle strutture non c’è stato il rafforzamento dei servizi territoriali. Situazione che ha portato il bel paese a vantare un altro invidiabile primato; abbiamo il tasso di posti letto per mille abitanti più basso d’Europa (meno di 3,5 letti, contro i 6 della Francia e i 7 della Germania)!
E ciò porta a storie tristi e per certi versi indegne di un paese civile, come quella che abbiamo provato a raccontare alla Lorenzin non molto tempo fa (VEDI articolo).
“Il paziente è al centro”. Ma non sono solo gli ospedali, il problema: anche e soprattutto tanti ambulatori e troppi studi dei medici di famiglia sono chiusi per ferie o lasciati in mano ai sostituti (essendo il fascicolo sanitario elettronico ancora una chimera in buona parte del paese, i pazienti non si fidano di chi non conosce i loro problemi pregressi di salute e bussano così alla porta dei pronto soccorso); lasciando così che a sbrigarsela anche coi pazienti cronici siano i servizi d’emergenza; intasando ancora di più i nosocomi già in panne per l’assenza di personale e coi posti letto (già di per sé scarsi) in drastica diminuzione.
“Il paziente è al centro”. Ma il quotidiano La Stampa (VEDI) ha raccolto una trentina di segnalazioni in tutt’Italia che descrivono realtà dove sembra essere vietato anche venire al mondo perché i punti nascita sono chiusi, dove i pazienti vengono dimessi nonostante fosse già stato programmato il loro tanto atteso intervento chirurgico, di blocchi operatori paralizzati e/o non in funzione.
L’Agenzia sanitaria milanese Ats, ad esempio, ha comunicato che ad agosto sono “in pausa” e saranno riaperti dopo le vacanze il 34,6% dei letti; ovvero quasi 3.000 sugli 8.546 che solitamente sono in funzione!
A Cuneo sono chiusi i reparti di oculistica e ginecologia dell’ospedale Santa Croce, mentre a quello di Vittorio Veneto il punto nascita sarà chiuso fino a settembre.
A Battipaglia (Salerno) a ridosso di Ferragosto sarà sospeso il servizio le sale operatorie di chirurgia, ortopedia e chirurgia del rachide, con lo spostamento degli interventi programmati a data da destinarsi.
Al Sant’Anna di Como niente interventi chirurgici programmati e niente servizi della week e day surgery (quelli ideati per ottimizzare i costi, riducendo la permanenza in ospedale a sole 24 ore).
Addirittura, a Cosenza non si può nemmeno pagare il ticket, visto che il dipendente (l’unico!) dell’azienda sanitaria di Castrovillari tornerà dalle ferie solo il 25 agosto; perciò chi ha bisogno di una visita o di un accertamento dovrà necessariamente recarsi presso un privato e pagare così tariffa piena (senza l’obolo il pubblico non eroga).
In alcuni nosocomi, come quelli del barese, l’orario di apertura dei pronto soccorso più piccoli è stato ridotto e le unità mobili di soccorso fanno fatica a partire per carenza di personale.
Dulcis in fundo, Roma: la ginecologia del San Camillo è “a riposo” da giorni e chi aveva un intervento programmato deve mettersi l’anima in pace e aspettare la fine delle vacanze.
La situazione è stata così spiegata a La Stampa da Carlo Palermo, Vice Segretario Nazionale dell’Anaao, il più grande sindacato dei camici bianchi ospedalieri: “Noi cerchiamo di scaglionare le ferie tra giugno e settembre ma il problema è che a causa dei ripetuti blocchi delle assunzioni abbiamo accumulato decine di migliaia di giornate di riposo non godute e 12milioni di ore di straordinario non retribuite”.
Fatto sta che negli ospedali italiani mancano circa 10.000 medici, 20.000 infermieri più altre 30.000 unità che servirebbero a far funzionare degnamente i servizi territoriali.
“Il paziente è al centro”. Purtroppo, però, nella nostra sanità, oggi lo è solo nel magico e fantasioso mondo delle chiacchiere.
Fonte: La Stampa
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